“… soltanto i fatti contano, soltanto i fatti debbono contare. Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sè, può giocarseli come vuole … E’ l’anima che mente, non il corpo.”
(Leonardo Sciascia)
Attraverso Candido, Sciascia esprime il suo convincimento: malgrado le sfortune non è il male in sé che porta alla delusione, ma l’intenzione, che prima lo denuncia e poi lo promuove.
Penso che sia innegabile la distonia.
La si avverte soprattutto con l‘avanzare dell’età, quando il corpo oscilla tra levigatezza di pelle e primi cedimenti e trova difficoltà all’adattarsi ai nuovi aspetti.
Meglio sarebbe una metamorfosi totale: svegliarsi insettaccio chitinoso, nero, e starsene in attesa d’un colpo di ramazza.
Senza alcuna sorella a prendere difese.
E invece bisogna conformarsi alle sequenze sempre più pressanti di un tempo che più che procedere tallona.
E ci scopriamo complessi strutturali e contraddittori, misteriosi, esposti a ogni evenienza, dalle beatitudini alle catastrofi.
Rendersene conto, immobilizza e sgomenta.
Può subentrare la rassegnazione, a volte la disperazione. Non solo per sé stessi, anche per i propri figli; ci si può sentire colpevole di averli immessi in questa realtà inspiegabile, spaventosa nel peggiore dei casi, portatrice di morte comunque.
Scriverne è forse catartico, ma mi domando quanta aspettativa ci sia dietro le parole, e se ciascuno di noi non preferirebbe, a una poesia, un abbraccio.
Qualche volta proviamo sgomento nell’avvertire una vibrazione nell’aria, al tatto di una foto, altre nella tempesta del silenzio abulico vorremmo ignominia, il salto dopppio. Scrivere è come un vecchio vizio, una boccata di fumo: più male non ci potrà fare, cadute le tettoie, i solai, le tegole… Senti il guizzo? Vuol dire che siamo vive? Chissà forse è solo un’illusione fonica. Eppure penso ad un luogo di gran pace e gran silenzio, ma non so pensare per me sola: di chi resta cosa sarà? Quanto bene o/e quanto male è in agguato sulle contrade del mondo, del tempo?
Ho gli occhi lucidi: solo allergia.
Narda
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scrivo, quando non riesco a leggere perché la mente è continuamente distolta dalle ansie, e a volte è l’unico modo per non lasciarsi andare a pensieri ansiogeni.
anche io non mi so pensare sola, né adesso, né in una qualche futura dimensione sconosciuta.
ci sono momenti, che tutti conosciamo bene, che non danno tregua, e che bisogna affrontare da soli comunque, anche con gli occhi bagnati di pianto… diciamo che è allergia…
grazie
buona notte
cri
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Non immobili, né, tanto meno, indifferenti lascia il tuo quesito, che altri quesiti porta con sé, li allaccia a rete pervasiva. La parola si affanna a rincorrere quello che la pelle tesa, strato sottile o guscio coriaceo, soglia e passaggio tra due mondi in arduo contatto, quello che la pelle nel tempo può, deve, intuire, esperire, subire. Illusione? Menzogna? Sforzo vano? E dove, se possibile, la poesia sa farsi abbraccio, reale accoglienza, sim-patia? Porto con me i tuoi quesiti, in cambio ti giunga il mio abbraccio.
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quanto sono vere queste tue considerazioni, carissima Anna Maria!
“la parola si affanna a rincorrere” sì, e il pensiero tenta di sopperire al contatto diretto, che, purtroppo, non è sempre entusiasmante.
chi lo sa se è uno sforzo vano… certo è che cerchiamo conforto in ogni forma d’arte che ci avvicini un po’ di più al nostro mistero.
tu sei un esempio vivente di come la poesia possa annullare le distanze, su questo non ho dubbi, sento un abbraccio reale e la tua presenza, il tuo impegno generoso e disinteressato a diffonderla, sono per me doni inestimabili, come gli eventi scaturiti dalla tua attenzione affettuosa e realizzati proprio grazie a te… come posso dimenticare?…
ti ringrazio di tutto, anche di avermi indotta a ulteriori riflessioni: sbaglio a sentirmi isolata. quell’abbraccio esiste, nelle parole e nei fatti.
e dovrei esserne grata a te, a tutte le splendide amicizie reali e webali, essere consapevole di quanta bellezza e quanto amore la vita mi ha riservato.
Grazie infinite
e un ABBRACCIO
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per questa notte non ci penserò.
spero di farcela!
poi…
gb
“l’intuizione del Tutto e della mia impossibiltà di conoscerlo”
io sento questo!
non so come mai!
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siamo tutti noi esseri umani in questa condizione e non possiamo ignorarlo.
ma a volte basta un’intuizione, un fulmineo sprazzo, a farci sperare che prima o poi quell’oltre ci sarà concesso conoscerlo.
🙂
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Molto profonde le tue riflessioni e molto vere.
Non voglio pensarci…
bbbcar
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anche io non vorrei
bbbcri
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“rendersene conto immobilizza e sgomenta”, tu dici, eppure io credo che proprio da quella consapevolezza nasca la capacità di dire la nostra vera umanità, attraverso l’arte e attraverso il rapporto irrinunciabile col mistero che siamo; e da lì nasce anche la poesia di un abbraccio…
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oscillo, tra la consapevolezza di impotenza e la necessità di condivisione.
a volte penso che sia tutto un placebo, la poesia, l’arte, la musica, gli amori, ecc…
e che sia proprio il mistero, il primo fattore ad inchiodarci alla curiosità dell’esistere.
e che sia un conforto illusorio anche un abbraccio.
il mio pensiero è che non possiamo afferrare completamente la realtà e questo è un bene: solo restandone fuori, o meglio, solo sfiorandone un tratto (quello che ci è possibile sopportare) riusciamo a dare un senso alla nostra esistenza.
non è nichilismo il mio, anzi, è il contrario: l’intuizione del Tutto e della mia impossibiltà di conoscerlo
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