Nella cantoria dei Turchini
le bambine affannavano sui mantici
le mani troppo piccole
per dare tempo al tempo
_corde vocali tra le stalattiti_
sfiatavano nel coro
una pen(n)a tatuata sette volte
inverni di latino intorno ai polsi
Bach ansimava tra le canne d’organo
_spifferavano i tasti Aria ingiallita_
sotto le arcate fittili
madonne s’affacciavano ai soffitti
e santi dalla testa reclinata
assorti sopra un teschio e una candela
non vedevano i piccoli dolori
farsi preghiera
e le bambine spegnersi nei marmi
perse negli arabeschi dei mosaici
bellissima
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grazie, Doris!
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riporto anche qui i tuoi versi ispirati, empatici, e credo sia la più bella risposta al tuo commento.
con un accorato grazie!
“un corpo infreddolito e una mente musicale
quelle voci d’amore (amore
non di carezze ma surrogato
in basso continuo e fuga a più voci
e mantici armoniosi in canne d’organo)
quelle fughe del canto quelle solitudini intese
all’amicizia
per un giusto saziare
vago dolore d’assenza
una viola una mandola sospeso un silenzio
tra le labbra appena richiuse e l’attimo a seguire.”
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Sai, Cristina, i tuoi versi mi hanno colpito subito ed hanno scatenato quel tipo particolare di euforia che si sente quando si scrive con slancio e naturalezza. E poi imbastire un dialogo in versi è un dono bellissimo, soprattutto in tempi violenti come questi e in cui, come scrivi in modo appropriato, cincischiamo con le pagine di network e affini e crediamo le nostre minuscole scritture il centro del mondo.
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Pingback: La Cantoria della Pietà de’ Turchini | Via Lepsius
grazie mille, caro Antonio!
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Perdonami, Cristina, ma mi sono accorto di aver “postato” il commento in un’altra pagina e non qui, come doveva essere; te lo riscrivo ringraziandoti per tanta bellezza:
Splendida e finissima questa tua tessitura poetica; inoltre, leggendo, il mio pensiero non può non andare a due musicisti che amo: Florio e Sollima.
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caro Antonio, ho rimosso il commento dall’altra pagina.
e qui ti ringrazio per l’accostamento ai due compositori: che la mia poesia rimandi a quella musica è davvero un apprezzamento graditissimo.
ciao
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Sforbiciate dal tempo
stinte nell’animo e nell’incarnato
carne tenera che non troppo regge
e i reggenti a gote piene
tagliano l’aria con sibilo di lame..
…. Fu così in tempi andati, in tempi presenti; avevano l’arte le bambine che sono diventate così leggere da volare via appena si aprì una finestra.
Narda
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emmenomale, che hanno l’arte, queste bambine, tutte, di volare!…
la finestre che aspettano ad oriente, per farne stelle nell’eternità.
grazie, cara Narda, di saper lèggere le bambine
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Ingiallite manchette di pena e penna
dimenticate, strattonate ai polsi,
accennano le note, senza voce
oramai tra le volute
(richiesti invece gli angeli strombazzanti
gote gonfie d’assalto)
grazie, Cristina
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ai polsi sottili catenelle d’oro
e non i ferri dei rosari
quando le lacrime bambine
non facevano pena
ai celebranti
ricordi indelebili, purtroppo.
grazie, carissima!
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Forse nei versi finali c’è la migliore Cristina , la “sua” poesia .
leopoldo attolico –
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grazie, Leopoldo.
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Molto bella. Mi sembra di vedere quelle bambine perdersi nelle decorazioni e svanire nell’inverno, con l’ansimare dell’organo.
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io lo so, Guido, diventavano minuscole come formiche e sparivano nelle fessure dei mosaici.
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