La penna blu sberleffa in aula magna
sdoppio di velamento
in lampade votive il suo sconforto
sotto un riso di braci
la duplice costanza d’incensiere
lingue di flemma antica e antico il corso
di sentimenti arresi
mentre soffiava il mantice s’udiva
scorrimento di lingua sulla curva
salata, il mare in seno
la trasformava in pelle di batrace
in contrapposizione al bianco liscio
da raggrinzire sotto il tacco
amara l’acqua amara l’acqua
una cesta di mele avvelenate
e una moria di pesci arcobaleno
strizzati a mano sulla terra d’ombra.
.
cristina bove 
echi e frammenti di gioie e dolori … c’è una chiave nascosta che unisce le tessere di questo mosaico, davvero insondabile e inspiegabile?
un caro saluto
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e chi lo sa… e chi l’osa….
caro saluto ricambiato 🙂
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Insondabile sì, come ogni imo, forse solo apparente l’impossibilità di accertarne i contenuti…ma il sale sulla curva delle labbra…quando sono troppe le lacrime anche non versate formano il mare nel seno che le accoglie…
C’è tanta amarezza tanta.
Un abbraccio.
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è vero, fran, il sale è anche il sapore delle lacrime.
rimane la speranza che oltre a mele avvelenate siano donati arcobaleni, vivi.
abbraccio forte
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Immagini simboliche inusuali e perciò ulteriormente gradite, un’immaginazione che non tradisce le aspettative di chi nel leggerti sa cosa viene a cercare; è un piacere per me ritrovare i tuoi versi, capaci di stagliarsi come veri dipinti. Sempre bravissima… Cristina.
Doris
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carissima, è un piacere per me sapere che sei presente e che gradisci quanto scrivo.
anche il paragonare i versi a dipinti.
Grazie.
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Forse nelle aule magne si è perso l’uso di trasformare la vita, mentre noi donne ci tramutiamo in altro e nel mare.
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molto bello questo concetto, Meth!
grazie.
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Cristina, non posso competere con Mimma. Neanche ci provo. Poi, reduce dal post precedente, sono completamente ubriaca. Sai quanto io ami la tua poesia, mi basta dirti questo. E poi? Versi mozzafiato, ma quello che io adoro e sottolineo adoro è quando tu reiteri
amara l’acqua amara l’acqua
Che meraviglia!!!!
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Ross, mi si ripetono come una risacca, le parole, non o perché
ma credo che sia il modo più immediato e semplice per enunciare un movimento di ritorno.
grazie!
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In fondo la lingua è la carnalità del bacio, sintetizza l’anelito amoroso ed è metafora dell’ansia poetica, che tenta di dire oltre ogni dire. Il riso di braci è la passione che anima amore e poesia. Il principe si è trasformato in rospo, il sogno è caduto, c’è un intero cesto di mele avvelenate, i pesci color arcobaleno sono morti strizzati dalla mano implacabile del destino al quale tutti soggiaciamo. Il tuo dolore è pronto per una strana trasformazione perché, senza petrolio scuro e maleodorante, il lume non si sarebbe acceso e i nostri nonni sarebbero rimasti al buio. Così il dolore accende, è un’esca perfetta, specialmente un dolore divenuto antico con l’ammaestramento degli anni. La penna blu della tua poesia fa gli sberleffi, anch’essi amari, nell’aula magna del blog e della vita, qui tutti possono leggerti e vederti, se vogliono, sempre che ne abbiano la forza e il fegato.
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cara Mimma, hai esplorato ogni anfratto di questa poesia.
ne hai rlevato come al solito aspetti nascosti, hai colto le attinenze, hai visto oltre il simbolo e la parola.
che dirti?
solo Grazie! non so aggiungere altro, ma tu sai…
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Mai fu la vita fatta di solo versi anche se del Poeta è compito cantarne il lungo fiume,ma arcobaleni intruffolati dentro a mele avvelenate,spesso è questo il viver nostro..
Resta comunque il sogno,l’aver vissuto secondo conscienza esercitata dentro al suo rigore,un pezzo di girdino sempre profumato.Mirka
p.s.quando tempo e voglia consentiranno,curioserò con piacere nei vari “capitoli” da te indicati che,conoscere di bellezza non è mai abbastanza
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la vita ci ha reso come siamo
le mele a volte sanno di miele ma nascondono il male…
l’antidoto è forse la bellezza, l’armonia, l’amore… forse…
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Su quella riva di lingua salata
siedi, in attesa della flemma antica.
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in attesa di cosa ancor più antica
l’anima mia si placa sulla riva…
🙂
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