Duetti

con Fernanda Ferraresso

nudo - by criBo (2)

 

dESISTENZE

Ha il corpo, ma è come non l’avesse
quando si porge d’infinite cose
dice: Ti sono
per amarti il pensiero
perché non posso trattenere il fiume
perché non voglio oppormi alle sue rapide
e tuttavia ne ignoro le ragioni
però mi piacerebbe risanare
le tue antiche ferite
Non ha il corpo, ma è come se l’avesse
quando s’adatta alle finite cose
dice: Mi sei
tessitore di fiato
perché non puoi sapermi senza vita
perché non vuoi che mi condanni il tempo
e tuttavia ne ignoro le ragioni
però mi piacerebbe che sanassi
le mie antiche ferite
Ti sono, per i giorni d’autunno
in cui nascesti prossima e lontana
e perché so che te ne andrai da sola
_malgrado questo fiume che ci unisce_
e non potrai restare
Mi sei, per le giornate dell’inverno
in cui nascesti prossimo e lontano
e perché so che me ne andrò da sola
_malgrado questo fiume che ci unisce_
e non potrò restare
Quando non ci sarai
forse saprò che il tempo è vincitore
sulle distanze brevi
e che non sono i corpi a combaciare
Quando non ci sarò
forse saprai che il tempo è convenzione
che la distanza è sogno
e che non sono i corpi a innamorare

cristina

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Ha il corpo ed è come fosse assente
se si s porge da infinite cose l’essere non sente
dice: io sono
e nel pensiero dice di amare
ma affoga nel fiume del senso
e ripide vie da ancora più antiche ferite
nelle ragioni incomprese non fa ritorno

Non ha il corpo ed è come ne avesse
uno soltanto quando tra loro confronta
le finite coseni cui è fatto
dice: chi crea questo
immenso artificio
chi tesse il mio fiato
chi mi ha costruito in questo incredibile
universo in cui mi addentro solo
dentro uno specchio che non misuro a tempo
perdo il mio passo se solo mi cimento
ignorando le ragioni per cui sono qui
in questo assurdo mondo e soffro
se solo il pensiero lancio
un poco oltre il piede con cui
ancora mi confronto

Tutti i giorni di un solo momento
per tutti gli incantamenti per cui
mi nascesti per l’acqua del tuo ventre
e i fiumi che in me scorri dalle notti del tuo corpo
per la prossimità tra passato e futuro
che insieme sono il mio presente
bruciando la fiamma di un respiro
senza inizio e senza spegnimento
il sole che anch’io ho in corpo
ti sono e tu sei me
senza distanza i nostri universi
sono un solo movimento
Tu mi sei e io ti sono
senza nascere che un attimo in un sogno
senza distanza che la misura di un segno
fatto di notte mentre ancora non avevo intelletto
e tu mi sei fiume e goccia
e io ti sono corrente e acqua
un greto che ci scorre
come su un’ancora l’onda
perché qui noi siamo e saremo
e ancora ci faremo passate
di mano in mano e da impronta ad orma
la medesima sostanza che non cede
e non cade da questa terra comune
che ci è per sempre
madre

Ferni

                                 

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E si affacciò
col viso dei suoi anni e il cuore adolescente
disse di sé tutto il possibile _era tanto_
sopravvisse
a chi ne raccoglieva solo un gesto.

Mi racconta di sé
dello specchio sformato e riduttore
che ne cancella la parola e che
se fosse almeno grandine d’estate
di biancore
luccicherebbe terre inaridite

Mi racconta di sé
ma non sono abbastanza confortante
lei mi sorride un attimo _si volta_
poi se ne va togliendosi le scarpe
lascia un silenzio lieve sulla porta.

cristina

                           

                            

e fu giorno e fu notte
entrambi sostanza dello stesso corpo
entrambi vicini e tutti e due lontani
in moltiplicazioni di impronte
come forme i suoni che accanto dicono
e ancora si cancellano
lasciando vuoto il tempo di uno spazio
giusto tra due tratti
del medesimo volto.

ferni

                                            

                                         

                                                   

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con Anna Maria Curci

indecifrabile - by criBo

rime e rive
Da una selezione di commenti e relative risposte tra due amiche nel corso degli anni.
Le parti in grassetto sono di Anna Maria Curci
in corsivo le mie.

Era la barca
un battito di chiglia
piange il mare
Es war das Boot
ein Zucken mit dem Kiel
es weint das Meer

qui mi fermo, sosto e riparto,
ogni volta con un nastro
un fardello un volo in più
qui ti aspetto che sosti e mi lasci
le tue rime scandite perfette
da serbare per voli affiancati

e s’accavalla il respiro allo sgomento
lo segue, l’asseconda, conta i passi.
scendono insieme, giù, verso la foce.
lungo il tragitto abbondano gli scontri.
e come tu comprendi il divenire
amica che conosci i passi e i fiati
e sempre cogli l’emozione e il dire
di questi tempi e di quegli altri andati…

e sull’imbuto che tentano d’importi
tu non cadi e ti affacci divertita,
a chi rifila calle uno sberleffo
con mezza riverenza assegni, e parti
se si procede in candida amicizia
qualunque acrobazia d’indifferenza
non toglierà al mio cuore la letizia
della tua stima e della tua presenza

ho un conto aperto con la mia memoria:
pavida, boccheggiante, si vergogna;
a sprazzi solo trova fiato e storia.
se dico ‘spaesamento’ è già menzogna.
è, questa, sensazione del momento
poi passa e tutto sembra più sereno
riprendi fiato e t’incammini ancora
con il coraggio che non t’abbandona

se anche il tempo traverso come flauto
si fa da te complessa sinfonia
mai sopra o sotto righe, zaino metto
sulle spalle e ti seguo, chiedo asilo.
asilo assicurato, amica mia
con cembali, viole e clarinetti
concerteremo rime e versi sciolti
nell’abbraccio d’acustica perfetta

son tanti quelli che senza ritegno
pescano a piene mani nell’idioma
stravolgono parola senso e segno
d’una lingua che pare essere in coma
si vendono frattaglie, come dici,
insipidi neologismi a fare effetto
e si vorrebbe fossimo felici
ad ingollare trippa per filetto.

solo all’orecchio vigile capita
di cogliere urlo-sussurro altrui
pour chuchoter une fois encore avec la nuit
e solo al cuore attento accade
d’amare altrui parole
les mots qui racontent les voix de la nuit

E danzerai,
se metti su quel valzer,
con le pianelle.
Stiamo danzando
il valzer della vita
con le parole

e mentre ascolto e canto nella mente
grata duetta voce con il cuore
è proprio la poesia che ci consente
d’essere insieme a dire dell’amore

amore, dicevamo,
alla rincorsa
dell’attimo struggente.
poi sostavamo insieme
e alla luce azzurra, ridendo,
scuotevamo le palme
con un cenno d’intesa
e irragionevole speranza
amore, dicevamo
di quelli senza marchi di fabbrica
non baci perugina – per intenderci –
di quelli nati come nelle guerre
per non sentire fame e freddo
millesimi di vita
incartati di blu che porti ancora
una speranza dolce

“Chi legge non s’accorge” e forse
allaga e allarga il fossato.
Se coglie a tratti il suono e l’ultrasuono
si ferma, punta il dito: “dici a me?”.
Ma la pazienza di aspettar risposta
il cocchiere la lascia ad ogni tappa
di quel viaggio normale e accidentato.
I vanti magri sono ignoti ai molti.
accade a volte
che non si legga proprio la parola
ma solamente il suono
e viene persa ogni significanza
allora è bene ritentare
andare nel profondo d’altre menti
e riscoprire mondi alternativi
che sono ignoti ai tanti

è un timballo da sballo, la poesia,
gusto esalta oppur si chiude a riccio,
forno, fritto, sauté, bagnomaria,
quiche, bagna cauda, pic-canti, pasticcio.
come sai far le rime tu di gusto
che si tratti di riso oppure pasta
condite al meglio, sempre al punto giusto
peperoncino e sale quanto basta