Tu
lago a profondità variabile
i vicini hanno pavoni che gridano
le grida dei pavoni, sapete, somigliano
agli strilli dei bambini:
li seviziano, pensai, occorre chiamare
la polizia
ma poi li vidi con le loro ruote
belli soltanto i maschi
le femmine grigiastre dall’invidia
Lei
ha tagliato con le forbici il mio letto
cesoie di quelle che tranciano le spranghe
volpe da sbarco
una fregata il suo mezzo di trasporto
ha nuvole di pioggia sulla testa
e beve l’aria
beve la sua credenza, mangia
pane e malechevenga a colazione
Loro
incassano i progetti come mance
miserrime
li chiudono in odore di stantio
fosse di santità, benevolenze da confessionali
colonne e ceri
non abbastanza braccia per racchiudere
mondi d’altra natura, inconcepibili
ai praticanti di banalità scontate
Io
navigo il soffitto
ho imparato a doppiare le pareti
solo di notte. Capi di buona speranza
sui mobili immobili
mimetizzo parole con la carta stagnola
a scongiurare verditudine (vizio di torma)
che vorrebbe artigliarmi con ramponi
da ghiaccio
un iceberg alla deriva nella stanza.
Crì, non sai quanto ti sento vicina, vorrei essere brava quanto te, ma – per i miracoli – ci si deve attrezzare bene 🙂
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Avevo già apposto un like, ma mi è parsa ancor più bella di quando la lessi.
Probabilmente non avevo ancora esperienza sufficiente per valutare certi, sottilissimi, punti di vista.
E, fortunatamente, racconti con la poesia, senza retorica inutile, ché – all’inutile ruota – ci pensano già i pavoni e – alle volpi da sbarco – ci pensa la fregata. Prima o poi.
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vero, Paola, mi viene in mente che si potrebbe dire, emulando i pifferi di montagna, che le volpi da sbarco andarono per fregare e furono fregate… ☺😃
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cara Cristina, è proprio questo slancio infinito che mi fa amare immensamente il Romanticismo 🙂
un abbraccio
z
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Sto pensando al modo in cui addomestichi le parole ad altri significati, pur evocando quelli nascosti in espressioni appena modificate dal gioco di una lettera. Bisogna aver attraversato il mondo e i suoi modi per saperlo fare, con tanta funambolica grazia. E allora credo che la tua ironia sia proprio quella romantica, scritta nelle parole di Schlegel: l’ironia è “chiara coscienza dell’eterna agilità del caos infinitamente pieno”.
un abbraccio
zena
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Carissima Zena
Non conoscevo Schlegel, e ho voluto documentarmi prima di risponderti.
Ho letto un po’ del suo pensiero, che certamente approfondirò, e sono rimasta molto colpita dalle sue considerazioni sulla vita in genere, ma soprattutto sull’uomo che non si accontenta della banalità quotidiana e che
“attraverso uno sviluppo infinito, uno sviluppo uniforme in tutte le direzioni”
sviluppa
“la più profonda, incessante e quasi ingorda partecipazione di ogni forma di vita”
“amplia ogni particolare sentire a sentire universale, infinito, e si palesa come una manifestazione di una prodiga pienezza”.
…
“infinita pienezza di vita che l’infinito stesso è e che nell’uomo colto prende progressivamente a svilupparsi”
Ecco, mi ci ritrovo molto.
Grazie
Un abbraccio
cri
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che gioia leggere ancora Poesia! un abbraccio
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ciao, Margaret, che bello rivederti!
ti abbraccio
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la tua fervida navigazione!
un caro saluto a cartolina!
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un caro saluto a te, setteanelli!
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gelsobianco
se sapessi sempre come sollevarmi, volerei giorno e notte…
per fortuna soccorre la poesia e le difficoltà vengono accantonate per un attimo, anche solo il brevissimo tempo di un verso.
grazie del tuo bel commento
buon fine settimana 🙂
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la poesia può tutto!
tu fatti sollevare e vola giorno e notte…
tu sai e puoi spiegare le tue ali… di versi.
buon fine settimana per te.
un sorriso
gb
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“Io
navigo il soffitto
ho imparato a doppiare le pareti
solo di notte.”
che grande emozione mi dai, Cristina!
io vorrei poter vivere su in alto liberamente…
tu, spirito libero, sai come fare anche se il prezzo da pagare è grande.
tra cielo e mare vai incontro a
“mondi d’altra natura, inconcepibili
ai praticanti di banalità scontate”
tu, spirito libero, sei poesia.
complimenti
gelsobianco
musica perfetta!
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per essere alla deriva, mi pare tu conosca molto bene la direzione del buon senso.
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è il maestrale che trascina, Massimo, basta solo lasciarsi andare alla corrente.
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Vorrei lasciarti solo il mio “chapeau”, ma mi par poco, merita di più questa tua ultima ( anche se per leggere , ormai, il monitor e digitare al tempo stesso cambio occhiali ripetutamente).
La ineludibile dialettica delle parti, verrebbe da commentare, davanti a questa tua creatura di parole che ballano tra terra e mare ( o almeno a me questo appare), fonemi sciorinati lisci lisci senza iperbole alcuna, in aggiunta.
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Marzia, sono felice che i miei versi ti abbiano conquistata.
il gioco delle parti, infine, lo giochiamo tutti, n’est ce pas? a me succede che quando si presenta un lemma che mi sembra il più adatto a esprimere un concetto, provo una piccola felicità, come mettere la tessera giusta in un mosaico.
Grazie di tutti i tuoi arguti interventi. 🙂
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Interessanti considerazioni, ma se le femmine grigiastre dei pavoni, in realtà, non sono invidiose dei colori maschili, le femmine grigiastre poetiche certo che si nutrono di pane e malchevenga a colazione. Non hanno capito che può aleggiare sulla cima del soffitto o sulla punta dell’iceberg oppure nelle altezze della poesia soltanto uno spirito libero.
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gli spiriti liberi guardano dal soffitto e vedono cose grigie e cose nere, pavoni e galline, un’intera voliera, o forse uno zoo…
viene voglia di non scendere più.
io, se potessi, vivrei sugli alberi come il barone rampante…
e se dovessi proprio scegliere di essere un animale opterei per l’albatros, perennemente in volo senza scalo, diretto al nord, alle cattedrali di ghiaccio.
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a volte è troppo greve il peso
vorrei la forza per essere decisa.
grazie
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Sai da tempo l’insidia e la minaccia;
fronteggi entrambe, ne conosci il prezzo.
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