di luce aguzza e variabile
sparsa di paglia trecce sui cuscini
ammiccano a ermengarda e ai fichidindia
altre corbellerie perché si dice
Punge vicino all’ombelico
la scucitura di tantalio prima s’avvia al cervello
trema lo stretto necessario
dice: ho paura di sparire mentre nel senso orario
sua soavità smerletta lingue e mezzi adatti a
sventagliate di ossimori
spine sottili ne resta sempre una
che non sai bene dove è conficcata
l’olio ci vuole e scivolano fuori
oggi s’adunca
insinua il piede giusto tra stipite e far west
un banco da saloon ma no, ma dai
scrive le note sui post-it le mette in frigo
s’ama d’arance e mari
vive
facendo finta d’aspettare che
*
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sua soavità smerletta lingue e mezzi adatti a
sventagliate di ossimori
spine sottili ne resta sempre una
che non sai bene dove è conficcata
l’olio ci vuole e scivolano fuori
… ❤
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spine che non si sa da dove siano entrate…
❤
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spine e spille, neanche fosse un rito di magia nera: fortuna risalgo la palude a cavallo del mio fido coccodrillo.
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Ti leggo… e mi perdo nel tuo soave “smerlettamento”, fiume carsico che fa da collettore di altri fiumi di “parole” che sembrano non riuscire a contenere significati così grandi che rischiano di spandersi dappertutto come una fontana che versa in un secchio già pieno!
Evochi la fragile Ermengarda ed ecco il fiume poetico dove scorre la tenera creatura incurvata tra vincitore e vinto, che si lascia dietro il peso della grandezza e viene travolta come foglia al vento, disancorata, sfinita, esile freuscio in una casa dove non riesce a non sentirsi estranea… sola, col suo crepacuore mortale…
Evochi Tantalo ed il suo supplizio, nel fiume mitologico immerso nell’acqua fino alle ginocchia, appeso ad un albero da frutta, condannato al tormento della fame e della sete perchè se cerca di bere, l’acqua si ritrae, se cerca di raccogliere un frutto, i rami si allontanano, mentre un grosso macigno incombe sul suo corpo facendolo vivere in una condizione di perenne terrore…
Ed evochi la donna rivestita di tantalio (quel metallo resistente alla corrosione, immune agli attacchi chimici che come Tantalo resta lì, tra i reagenti senza reagire con nessuno), la donna così resistente che pure ha una ferita inferta dall “paura di sparire”… uscire dalla vita… ma c’è chi, come te, può uscire dalla vita e restare vivo attraverso le parole, le tue parole fanno resistenza al tempo… catturano… scolpiscono… sfondano l’anima!
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Forse, cara Nina, più fiume carsico che smerlettamento soave… eh?
hai ragione per il secchio pieno, esondo, non so più dove riversarmi, e questo a volte mi fa soffrire. Mi pare di dilagare e perdermi in un vuoto da cui sarà impossibile tornare.
Quando ho letto di Tantalo ho sorriso, perchè in effetti è appropriato anche il suo supplizio, oltre al metallo inserito nel mio corpo e senza il quale non so quanto sopravviverei.
ecco, che però vieni in mio soccorso e mi rassicuri sul persistere delle mie parole. e se continuerò a vivere in esse, forse davvero non sarà la morte a estinguermi.
grazie.
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Difficile sparire in casa tua, con tutti quei led lampeggianti che ammiccano… c’è per ognuno di noi il dono di una spina, che nemmeno l’olio riesce a far scivolare via e che riporta in questa dimensione in senso orario, ogni volta che si esagera nell’attraversamento delle porte, verso quell’altrove così piacevolmente lontano da questo pianeta…
bacio
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Maria, le luci stroboscopiche sono le porte per altre dimensioni, non a caso nelle discoteche vengono usate per sballarsi meglio.
io mi accontento di lucine minime, di minuscoli sballi del pensiero.
e quelle porte, oltre gli orologi, oltre il suono, oltre noi stessi…
bacio
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che begli accostamenti di pura arte!
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grazie, cara Margaret.
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“Vive facendo finta d’aspettare che”: è la verità ed è tremenda. Sarebbe peggio non aspettare niente nemmeno per finta in questa strana miscellanea di spine sottilissime dove anche la luce è aguzza.
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quelle piccole luci, quasi stroboscopiche. mi fanno compagnia nella notte, quando, uscita dal breve sonno, mi sorprendo ancora viva.
mi punteggiano.
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Sì, proprio così, Cristina, solo tu conosci “gli infiniti modi di dire la vita” e noi che leggiamo le belle poesie che scrivi ci nutriamo al tuo desco sempre apparecchiato con raffinatezza ed eleganza.
bbcar
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se fosse possibile apparecchierei cieli e stelle, e invece di versi che mai riescono a esprimere veramente l’anima, ci abbracceremmo in altre dimensioni.
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Chi scrive così, appuntando spilli alle cose/case, non può sparire nel senso orario di sua soavità. Resterà con le sue spineparole a farci pensare sugli infiniti modi di dire la vita.
Un abbraccio d’affetto.
zena
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Zena cara, diventerò il post-it di me stessa.
se solo sapessi come fermare il senso orario, come dire di tempi scaduti e altro aprossimarsi di ineludibile. Dovrebbe esserci un soppiatto, per queste cose. Fulmineo.
un abbraccio altrettanto affettuoso.
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