Assorta come sono a decifrare
indizi dal sapore d’orzo
il blu del fumo attorcigliato al viso
ti sparpaglio parole che non senti
e tu non timbri
quadrati o quarti d’ora a caso
passati su tamponi senza inchiostro.
Dici che ti sta stretta
questa casa che forse sarà l’ultima
agli odori d’agosto
saperti altrove a rovistare giorni
scenderti scale
dalla fronte ai piedi
le stagioni impassibili nascoste dagli occhiali
hai messo gli schedari d’una vita
sul tavolo da pranzo
ne spolveri i contorni.
Ricordo feste con i nostri figli.
Mi sfiora per un attimo l’idea
di prenderti per mano
accompagnarti dove
dove finisce
dove
ma tu lo sai
e io lo so
che pure se saltassimo abbracciati…
non li potremmo liberare mai
dai nostri errori
né dalle conseguenze del passato.











grazie, Marzia
è tutto difficile, più che mai un consuntivo!
ti abbraccio
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Le metafore di un freddo ufficio sono appropriate come poche altre a rendere l’ idea di una relazione umana che ha raggiunto il suo capolinea.
Che determina magari rimpianti, ma non rimorsi.
Fare i resoconti e redigerli, poi, è tutt’altro che facile.
Un abbraccio
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