E voi
che se avessi braccia di paradiso
accoglierei per sempre e non soltanto
un giorno o un’ora rattoppata a metà
voi che sostate
conosco la tua sete, amico
la tua fame d’amore, amica
e il germinare delle croci
che non hanno platee né golgota
ma solo scene di silenzi orfani
parole vedove
Eden di mele e di serpenti
irragionevolmente amato
che nelle sottrazioni di coscienze
abbina vivi e morti
ai transeunti noi
convogliati alle pietre
voi che se non ci foste
non mi conoscerei
e che perfino quando mi negate
siete sussulto e vita
voi dalle labbra intinte nel vinsanto
un bacio rosso
e ancora voi da dirsene di notte
o tracimare risa
voi che se dico tu
mi diventate
sfera di pulsazioni e di scintille
sulla fronte d’un io
che siamo noi.
Non la avevo letta mai, è veramente bella: profonda, dolce ma onesta e schietta insieme.
Quel noi è bellissimo.
❤
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grazie, Paola! ❤
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E dove, dov’ero io allora, che non serbo memoria alcuna, e ancora oggi non so se “questo” presente produce qualcosa…tranne il lavorio nell’anima che scavano i tuoi versi. E quel tuo “voi” a negazione di un noi redento…con la paura che pulsazioni e scintille annullino l’io nell’universo del noi.
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carissima Fran, eri nel sempre, e lo sei-siamo, nella dimensione che ci contiene tutti
e in cui possiamo espanderci, abbracciarci, amarci…
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Mia Consolatrice ❤
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non conoscevo questo tuo testo bellissimo, profondo, generoso come un dono. È vera commozione.
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grazie, Luciana carissima, dono a tua volta.
ti abbraccio
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