Un racconto di mio figlio Giona
Lei dorme accanto a me.
I battenti di castagno della finestra lasciano trapelare bagliori della notte stellata, ormai al termine.
Sento il suo respiro, cadenzato, calmo.
Nella culla infondo al letto tutto e’ tranquillo, il bimbo dorme.
Di fondo avverto il fruscio leggero del vento prodotto dal condizionatore, e nessun altro rumore rompe il silenzio di questi minuti in cui mi sento scoppiare la testa di pensieri, di sogni, di incubi.
I miei occhi si muovono lentamente, da una prospettiva all’altra delle travi di legno del tetto che affogano nelle pietre dei muri di casa.
Lei dorme profondamente, dopo avermi parlato per ore, delle sue paure, di quello che ha sognato, di quello che sente.
La luce del mattino lentamente si fa strada e quasi arriva al bordo del letto.
Il cuore comincia a pomparmi in petto, furioso.
Più si avvicina la luce alle coperte più sento il calore di un fuoco avvicinarsi ai piedi.
Comincio a sudare…sudo come un fiume.
La luce avanza ancora.
Mi sento sciogliere le gambe e non riesco a muovermi, mi sento semisolido, mi manca il respiro.
Provo ad allungare una mano verso di lei, ma vedo solo il mio braccio sfumare in un liquido rosa carminio che inumidisce a malapena il lenzuolo.
Ormai mi sento spacciato e, mentre mi rassegno, sento nella stanza echeggiare una risata, una risata strana, grassa, particolare, una risata intonata.
Dentro di me urlo: ma chi sei?!
E mentre mi arde il ventre e mi si scioglie il petto, la voce parla, o meglio, canta:
-Sono la cosa più preziosa
Sono priva del tempo
Fuggo lo spazio
Cerco gli uomini
Soggiogo gli Dei
Sconfiggo la morte!
La luce mi è arrivata quasi agli occhi, non sento più niente del mio corpo,
sento solo l’umidità e il vapore tra le coperte.
E chiedo con la forza che mi è rimasta:
Tu? Tu mi stai facendo questo? Perché?
E prima che i miei occhi potessero vedere l’ultimo raggio di luce per poi sciogliersi
La voce cantò:
Ciò che nell’eternità è inciso non può cambiare
ti sei ben nascosto
ma ai miei occhi non puoi sfuggire
te ne do atto, hai osato
ho atteso. Per questo
rispetto il tuo coraggio
Ma la giostra a girare deve ricominciare
ad ogni costo
il mio ventre devi riempire
dentro me mio amato
vieni, vola lesto
il mio spirito è il tuo retaggio!
Lei si sveglia più tardi, il sole alto, la luce quasi a sfiorare la culla, sente caldo, poi l’insolita sensazione di bagnato,
Tende la mano a cercare il corpo accanto, ma le dita trovano solo una pozza liquida.
Di scatto si tira su e spazza via le coperte
sul lenzuolo
una chiazza di colore
e dove c’era prima un collo
luccica la catenina
con il ciondolo con su scritto
per sempre…
Giona Piretti