E così non c’è carteggio riservato
da cui dedurre panorami
o colpi di tosse
ci sono gli occhi di uno sconosciuto
mi guardano attraverso
_un film di carta velina_
l’inconsistenza e il fluttuare che
chiamiamo tempo
era il ghiaccio a salire su fino alle costole
in un crescendo d’iceberg
nessuna dimensione collocabile
viaggia dall’io recluso al polo nord
sorelle mani anch’esse fluttuanti
_così son fatte le carezze_
spianarono le scabre intercapedini
le resero infinite e percorribili
anche le voci svolsero l’incarico
: i cori si spandevano
l’immenso ci assediava da ogni parte
fummo costretti allo scoperto
*che fai, dormi?*
Così non fu mai scritto e non v’è traccia
sulle polveri antiche, né si potrebbe udire
un testimone fossile
*devi assolutamente alzarti da quel letto*
Mi prende un divenire difficile
non più propenso a ridimensionare
le misure del nulla
occorre che io resti che io vada che io…
*niente occorre, poiché…*












Che bellezza di poesia, Cristina!
Qui ho visto con te la visione notturna e ho percepito la voce che ti incalzava e che tu incalzavi a tua volta.
Un po’ di brividi assicurati!
Bella l’espressione “sfaldature del sé proteso altrove” di Mimma!
Ciao, buon dì
Car
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c’è sempre quel limite nel comunicare che mi fa sentire spesso incapace di esprimere totalmente un pensiero, un dolore, una paura.
quando scrivo cose come questa, versi che non so fino a che punto riescano a tradurre stati d’animo, ho sempre la speranza che la comunicazione avvenga non solo attraverso il linguaggio, ma per una sorta di empatia misteriosa che trasmetta anche il non detto.
ti ringrazio di esserne partecipe.
buona giornata
cri
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“L’immenso ci assediava da ogni parte”, “Che fai, dormi?”: i versi che mi toccano in maniera speciale anche se non capisco razionalmente il perché. Ma le dislocazioni o assenze sono soltanto percepite, sentite, per questo sono apparenti: come sfaldature del sé proteso altrove.
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mi piace “come sfaldature del sé proteso altrove”
sintetizza al massimo la condizione umana.
e forse non si può capirlo mai razionalmente…
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C’è qualcosa in queste due ultime, che mi affascina e mi inquieta insieme.
Non ti sembri fuori luogo se, leggendo quest’ultima, e senza sapere perché, mi hanno attraversato la mente due nomi: W. Blake e William B. Yeats. Chissà quale riverbero fra le tue parole li ha in me riportati alla memoria.
Solo i poeti sanno vedere improvvisi e misteriosi sprazzi di luce nel buio profondo.
Namasté.
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L’inquietudine è lo stato di noi tutti che esistiamo nel tempo, senza conoscerne che minimi tratti… tuttavia ne siamo portati attraverso lo spazio e il divenire.
Apparente.
Poiché tutto già è.
grazie
Namastè
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Ecco è tutto: *niente occorre, poiché…* e mi sai…
ti abbraccio
ps è una meraviglia
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sì, ci sappiamo.
grazie.
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