Scrivere per segnalare un termine, o per iniziare un tempo nuovo, solo apparentemente nuovo. Appare e scompare una teoria infinita di gente. Alcuni si stagliano dalle sopracciglia ai piedi, camuffati da uomini che sanno. Sembra che sia la legge dei cultori d’insidie lessicali, trovatori sospetti adusi al monocromatismo interiore.
Non li addolcisce mai lo sfioramento sottocosta, hanno bisogno di marosi per sentirsi ripetere il valore. Due euro e un cappello bucato, privilegiando il marciapiede. Ha senso?
Vieni a dirmi che no, che non ha senso ch’io l’abbia pensato. Anzi che non ha senso il pensiero.
E tu ne scrivi?
La parola si pone galleggiando sulla madeleine di Proust (ahahaha ho citato, mi si perdoni), o sugli scavi gaddiani (mai ne raggiunsi il fondo).
Una tazza di tè. A me piace il caffè.
Le vie del dicitore sono finite, quelle dell’ascoltatore pure. Sentite il rombo?
La torre di Babele ha piani inclinati su cui scivolano idiomi. E mentre la vertigine della caduta strappa i significati, nessuno traduce l’abisso.
Muti dovremmo tutti imparare a volare, infischiandocene finalmente d’ogni dato, lato, rato, nato, dotto sotto motto rotto ecc.
Eh no, non si può fare. Sarebbe come stendere l’enfleurage sullo strato di grasso a Grasse e ottenere istantaneamente il sapone di Marsiglia.
In caduta l’essenza del precipitare, odore di smarrimento, non di paura.
Si cade senza accorgersene, mescolando allo scibile i calzini e le mutande degli eroi.
Lontano all’orizzonte, una nave che accelera nodi si stacca dalle zattere su cui si sbracciano i caduti dal mondo, lividi e dissenterici. La Méduse non ama peripli e attracchi.
Cominciò da così lontano il farfugliare delle lingue, glossolalia da truffatori anzi da tuffatori, concedetemi il gioco di parole, una erre val bene una nuotata.
Mi sto appellando, vedo. Però non me la prendo se non mi date udienza. O un battito di chiglia. Certo, si paventa il naufragio.
Ma poi vado sicura, nessuno mi potrà accusare di furto di nozioni, al massimo per usucapione, potendosi accertare che è da più di cinquant’anni che risiedo in pianto instabile in una casa eugrafica della quale mai nessuno ha rivendicato la proprietà.
Mi dovranno prosciogliere per mancanza di dove (o di bove).
Anche io sarò prosciolta per mancanza di cingoli: anche se mi trattano come fossi un mezzo anfibio.
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cara Paola, forse non sanno che sei un idrovolante…
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