era il lontano 2008

 

postato su Splinder  26/02/2008   alle ore 07:05
(riuscii a copincollare il tutto prima che la piattaforma chiudesse)

A QUATTRO MANI

Questo racconto nasce davvero a quattro mani, ossia: la parte in blu è mia, la parte in nero è di Enrico Gregori (avrebbe voluto restare anonimo, salvo disvelarsi in seguito ad alcuni commenti) che si è prestato gentilmente a fare da controparte maschile e renderlo, così,  più verosimile. Lo ringrazio di cuore per aver collaborato a qualcosa che ci ha divertito entrambi.  

                 *

          Non era previsto che ti vedessi. Ma quel seminario di narrativa e poesia, organizzato ad Orvieto, ha spinto persino te a lasciare l’eremo. Raccolte le tue forze, ti sei messa su un treno e hai trovato posto nel mio stesso piccolo albergo.
Mi è venuto un colpo nel vederti alla reception.  – Ma daiiiiiiii, stai davvero qui Martina? E sola, per giunta. Bravissima-.
La tua sorpresa, se possibile, è ancor più grande della mia.
Cerchi di sviare l’imbarazzo cercando qualcuno che ti accompagni in camera con la valigia. -E io che ci sto a fare, allora?- dico.
La tua valigia la prendo io e mi incammino con te che mi sei accanto…

 –Che strana coppia- pensa il receptionist. In effetti lei, piccolina, gli arriva si e no alla spalla, ha capelli biondi che le incorniciano il viso alquanto giovanile, certo, ma si capisce che lui è più giovane, forse cinquantenne, un bell’uomo alto, snello.
La scorta verso l’ascensore.
Lei sembra intimidita, teme perfino di guardarlo negli occhi, lo scruta dallo specchio di sfuggita…
Sono arrivati al piano, lei gli indica la sua camera.

 Lui apre e dà uno sguardo. <Semplice ma carina, ti piace Martì? Sennò vediamo di cambiare>.
No va bene –rispondi un po’ imbarazzata- e poi saranno tutte uguali. Anche la tua sarà così-.
-Bè, penso di sì. Che ne dici allora di lasciare qui la tua valigia e andare a vedere la mia stanza? Credo che con quello che passa il frigobar sia giusto fare un brindisi a questo inaspettato incontro. O no?…-

 Lei gli sorride e poi dice: -Forse più tardi, adesso mi serve una bella doccia calda, il viaggio è stato lungo e ho bisogno di rilassarmi. Potremo vederci per cena.
Lui rimane un po’ perplesso, poi: – Mannaggia sono già stato invitato dal mio editore, non posso proprio rifiutare.-
-Beh, allora ci vediamo domani a colazione.-
Sta per andare via, ma all’improvviso si volta e la prende fra le braccia.

 Un abbraccio affettuoso, nulla di più. Ma tanto basta a coglierla di sorpresa. Lei si lascia abbracciare e abbraccia lui timidamente. Poi lei si avvia verso la finestra. Scosta un po’ le tende e comincia a osservare la piazza. Non si vede molto. Alle 18 il sole è già quasi del tutto tramontato. Forse rimane così per capire cosa vuole fare lui.
Martina sente la porta che si chiude. Si gira. Lui è lì. La porta è stata chiusa dall’interno. Quello scatto, forse, era l’inizio di qualcosa. Non lo sapeva lei, non lo sapeva lui.
Nel dubbio, Martina continuò a dargli le spalle rimanendo alla finestra…

 Sentì le sue mani sulle spalle premere delicatamente per farla girare verso di lui. Si trovò con il viso contro il suo petto. Poi lui le sollevò il mento per guardarla negli occhi, lei li chiuse perché non poteva fare altro, ma li riaprì un attimo, il tempo di scorgere quelli di Roberto che erano un mare di desiderio.
Li richiuse, avrebbe voluto opporsi, fare quella benedetta doccia, ma lui la teneva stretta a sé, poi cominciò a carezzarle i capelli.

 -Dio che momento!-  dice lui -Ma –aggiunge- può anche finire qui, non importa. Se vuoi fare la doccia in santa pace è quello che devi -.
Ma lo dice continuando ad accarezzarle il viso. E Martina non si muoveva. Difficile interpretare se fosse terrorizzata o piacevolmente investita da una gradevolezza dimenticata.
Roberto pensa che non ci possono essere parole per poter uscire dai dubbi.
Le sfiora le labbra con le dita. Poi si avvicina a lei. Continua a guardarla negli occhi per accorgersi di un suo eventuale moto di ripensamento. Nulla.
Roberto prende il viso di Martina tra le guance. Accosta le sue labbra a quelle di lei e, delicatamente, comincia a far scivolare la sua lingua dentro la bocca di Martina a incontrare la lingua di lei…

 Roberto intanto pensa: adesso la mia lingua toccherà la sua dentiera… ma, no, nessun intoppo, e quei denti che prima ha potuto scorgere nel sorriso, sono proprio i suoi. In effetti lei ne va molto fiera: ha dovuto affrontare tutta una serie di interventi chirurgici sul proprio corpo, ha dovuto fare parecchie volte i conti con la morte, non ultima una grave malattia cardiaca che le impedisce di vivere una vita “normale” , ma non conosce il mal di denti. – Quasi ridicolo-  le viene da pensare.
Ma il bacio di Roberto sta diventando più intenso, lei ha voglia di sottrarsi, lei ha voglia di restare… in mezzo c’è Martina che non ci sta capendo più niente.

 Lui sente la lingua di lei solo per un istante. “Cazzo ho esagerato”, pensa.
E si discosta. La guarda, tenta di capire i danni provocati. Martina non lascia trapelare. Roberto non vede altra soluzione che fermarsi, lasciarla respirare. Coordinare idee emozioni per quanto possibile.
“Capirò da ciò che fa lei quale dev’essere il prosieguo di questa meravigliosa follia. E se prosieguo ci debba essere.”
Ora è lui a mettersi alla finestra. E guarda giù. Avverte sempre alle sue spalle Martina. Percepisce quasi il rumore dei pensieri della donna. Ma non conosce il contenuto dei pensieri…

 Martina intanto osserva la sagoma di Roberto controluce. Vorrebbe chiamarlo, vorrebbe ancora restare fra le sue braccia, ma un piccolo dolore al centro del petto le sta facendo accelerare il respiro, lo conosce e lo teme… C’è tutto un fremito nel suo corpo, sensazioni che non provava più da anni, vorrebbe non avere più quel maledetto pacemaker, vorrebbe avere venti anni di meno ed essere qui con lui, per poter tradire perfino se stessa, ma quell’affanno le da l’àut-àut… Non sa, Roberto, che potrebbe morirgli tra le braccia, se solo acconsentisse al suo desiderio. Questo lui non lo vuole sentire, questo lui lo ha talmente ben evitato, proibito, che è diventato un tabù tra loro.
Potrebbe raccontargli di come ha vissuto in sogno già quell’incontro, di quali sensazioni fosse stato preda il suo corpo e di come fosse stata poi male… ed era soltanto un sogno… Questa presenza reale, con tutta la sua carnalità prorompente, sarebbe stata la sua fine.

 Pensieri, sospiri. Un palpitare di emozioni senza alcuna parola.
A Roberto le parole non servono. Quel silenzio pesa. Probabilmente è una sentenza. E’ stato quello che è stato. E nulla di più può essere. Ricorda pregressi discorsi, le paure di lei. Quei desideri che dovevano per forza rimanere inespressi.
Trova solo la forza di dire <Non è successo nulla, Martì, nulla di irreparabile….

 Martina rimase a guardare il vano della finestra vuoto… Roberto aveva sostato un attimo sulla porta, forse nella speranza che lei lo richiamasse, poi era uscito, chiudendosela alle spalle.
Lei allora si alzò, aprì i rubinetti della vasca e una volta colma ci si immerse, l’acqua l’avvolse come una carezza, non certo quella di Roberto, ma lei vi si lasciò andare ed acqua nell’acqua le sue lacrime si dissolsero nel vapore del bagnoschiuma.

 Era molto in ansia. “chiamo? non chiamo? vorrei solo sapere se è tutto a posto. Ma se lei interpreta la mia telefonata come uno sprone a ripensarci?”
E poi… “ma ‘sti cazzi”, si disse. Voleva sapere come stava Martina. Se fosse rimasta immobile con le sue paure o se la tensione si stesse stemperando insieme al suo corpo nudo immerso nella vasca. – Ei – disse quando lei rispose- dimmi che va tutto bene, per favore!-

 Lei attese nella vasca, il cellulare poggiato sullo sgabello accanto, e sperava che lui la chiamasse, che le dicesse ti amo, a prescindere, anche senza poterti avere, e allora lei gli avrebbe detto, tra le lacrime:- ti amo…

 -Sto qui, sì bene… per quanto possa star bene io- disse Martina.
-Oh!- riuscì solo a dire lui.
-Oh?-
-Oh… sì perché non posso dire…-
-Cosa non puoi dire?-
-Qualcosa che forse ti costringerebbe a chiedermi di tornare lì da te-
-Decido io, non credi?-
-Non proprio, se io provoco-
-dimmelo-
-Ti amoooooooooooooooo! Cazzo-…

 E vissero, non si sa per quanto, infelici e dementi  

 -fanculo… 🙂

__________________________________________________________________________

qui ho riportato tutti i commenti

 

1
E’ molto commovente, con quel pizzico di ironia che evita ogni autocompiacimento.
Complimenti….anche al coautore.
🙂
Delon 26/02/2008 09:05

2
Cara Cristina : ri-commento… ,
la chiusura finale è magnifica!
Gianni Langmann 26/02/2008 09:45

3
bello bello questo racconto. Mi sorprende il passaggio dal tempo presente al passato, ma è una storia ben costruita e le due voci danno proprio il senso del ritmo.
fantastico il finale!
silvialeonardi 26/02/2008 10:58

4
*Delon, grazie, mi fa piacere che tu ne abbia colto anche il lato commovente, avevo il timore che non risaltasse più nell’ironia.
* grazie ancora, Gianni.
* Silvia, un piacere immenso vederti, eh, sì, anch’io ero un pò perplessa per i tempi, ma poi lho preferito lasciarlo così come lo ha scritto “lui” perchè, in fondo è come se fosse sospeso tra la narrazione immediata e il ricordo. Grazie, anche a nome del coautore.
cristinabove 26/02/2008 11:22

5
certo che però, cara Cristina, mi fai venire una curiosità di conoscere questo coautore….
silvialeonardi 26/02/2008 11:26

6
– Silvia, purtroppo l’amico non si concede più di tanto…ed io non lo posso forzare.
cristinabove 26/02/2008 12:37

7
..è bellissimo..
🙂 gea
utente anonimo 26/02/2008 20:30

8
molto divertente seppur triste ed anche molto verosimile, molto verosimile.
complimenti a te, Cri, ed al tuo anonimo amico di penna.
bravissimi.
natàlia  26/02/2008 22:43

9
Bello, Cri…Complimenti a te e al coautore.
Milvia
Soriana 26/02/2008 22:44

10
Sembra un racconto di “vita vera”
Scritto con il cuore
Complimenti a tutti e due
Siro5451 27/02/2008 00:31

11
Una piacevole sorpresa leggerti in prosa. Brava e bravo il misterioso coautore.
Al prossimo racconto.
Lory
lauraetlory 27/02/2008 08:41

12
* gea, grazie :-))
* Anche a te Nat.
* Milvia, felice che ti piaccia.
*Chiara, grazie per averlo definito di “vita vera”.
* Lory, quale onore! grazie a nome mio e “suo”.
cristinabove 27/02/2008 09:49

13
Sono meravigliato e offeso. Ma come, cribbio, non si riconosce dallo stile inimitabile che il coautore sono io? Quale cocente delusione!!!!!
🙂
Allora, il racconto potrebbe intitolarsi “Il diavolo e l’acqua santa” e ovviamente rimane da stabilire chi sia l’uno e chi sia l’altra. Nasce comunque da uno scherzo tra me e Cristina. “Oh come sei poetica”, “Oh come sei crudo”. Insomma una sorta di “sfida”/commistione tra i suoi “Fiori e fulmini ” e il mio “Un tè prima di morire”. Una pazziata copia-e-incolla fatta scambiandoci gli stralci via email. Insomma, tanto per deludere chi ci avesse visto chissà quali significati e impegni letterari, esso non è altro che il frutto di un pomeriggio in cui nè Cristina nè io avevamo una mazza da fare. Ma l’ozio, a volte, non è solo il padre di tutti i vizi, ma anche il fratellino di qualcosa di leggibile. Grazie a tutti, di cuore.
enricogreg 27/02/2008 15:37

14
A questo punto, visto che Enrico è venuto allo scoperto, dovrei cambiare la presentazione del “pezzo” ovviamente.
Solo che non so da che parte cominciare…
Mi consiglierò con “lui”
cristinabove 27/02/2008 16:16

15
bellissimo, bravi entrambi. è di infinita dolcezza e alle lacrime, che in fin dei conti genera, ben si accompagna un sorriso. ciao!
brugallantz 27/02/2008 16:58

16
Dolce e amaro come la vita.
Intenso e leggero.
Divertente e triste.
Insomma è perfetto.
Anche se devo ancora capire quale parte del corpo di Enrico guida la sua mano quando scrive.
Se fosse il cervello le parti in nero sarebbero bianche.
Il suo cuore, probabilmente, ha sviluppato negli anni una capacità di simulare intelligenza pur partendo dalla sola eppure immensa sensibilità.
Bravi.
eventounico 27/02/2008 18:33

17
Bravo evento, come al solito hai centrato il bersaglio. Io ho un’enorme sensibilità. A forza di veder disgrazie, sto davvero male quando la gente soffre.
Perché non ti impicchi?  🙂
enricogreg 27/02/2008 21:13

18
*grazie, bru.
*evento, io ti ringrazio per tutti gli apprezzamenti carini che mi riguadano, Enrico ci pensa da solo,vedo.
cristinabove 27/02/2008 23:47

19
Ah….Enrico! Dovevo riconoscere la tua vena di narcisismo quando descrivi l’uomo dicendo che è un cinquantenne, bell’uomo alto e snello.
che vanitoso! 😛
silvialeonardi 28/02/2008 09:18

20
Commovente e bellissimo. Che bella idea questa di scrivere a quattro mani. Sei davvero brava, Giulia
giuba47 28/02/2008 09:34

21
* Silvia, la parte in blu è mia, sono io che lo descrivo così, non conoscendolo di persona…
se per caso lo rileggi vedrai anche che i riferimenti di Enrico al diavolo e all’acquasanta, e cioè che non si capisce bene quale sia l’uno e quale sia l’altra, calza a pennello.
ciao.
cristinabove 28/02/2008 10:12

22
Sono arrivata quando il mistero era gia’ svelato ma credo che la mano di Gregori l’avrei riconosciuta. Da cosa? Chi altri poteva scrivere: sti cazzi, io voglio sapere come sta Martina?
Un marchio di fabbrica!
Laura
p.s. visto che si puo’ scrivere a quattro mani, Enrico?
lauraetlory 28/02/2008 11:08

23
* Laura, felice di vederti. Secondo me , in questo caso, Enrico si è tenuto parecchio…ed è perciò che non è stato “sgamato” subito.
a presto, ciao.
cri
cristinabove 28/02/2008 11:53

24
Per quanto mi riguarda si può scrivere a 4 mani se esse si trovano suddivise 2+2 ad alcuni chilometri di distanza. Probabilmente se io e Cristina fossimo stati vicini nel contesto della scrittura, io mi sarei fermato a riga 3.
Quanto al mio marchio di fabbrica sono entusiasta e ti ringrazio. Secondo te sarebbe lo “‘sti cazzi”. E io che pensavo fosse qualche passaggio alla Hemingway! 🙂
enricogreg 28/02/2008 12:00

25
…ti lascia in bocca un po’ di amaro questo racconto lieve e pregnante al tempo stesso; fa tenerezza la “competizione” tra il cuore sano ed il cuore malato di Martina…dolcissimo.
gattoquatto 28/02/2008 15:41

26
oohhhhpss…. mi ero confusa Cristina. Ci ha già pensato Enrico a cazziarmi in privato!! 🙂
baci
silvialeonardi 28/02/2008 16:08

27
Laura, sei un mito! Il marchio di fabbrica eh eh…l’hai inquadrato benissimo il caro Enrico!
silvialeonardi 28/02/2008 16:09

28
*Per Giulia, scusami se non ti ho ringraziata del commento, lo faccio adesso.
ti abbraccio

*gattoquatto, hai ragione, è dolceamaro come spesso lo è la vita…
grazie della visita.
cristinabove 28/02/2008 16:33

29
Signora, mi avete proprio spiazzata. E’ molto intenso, ma con dei bei tratti di leggerezza. Complimenti ad entrambi. Rosa Maria
utente anonimo 02/03/2008 22:47

30
*Grazie, Rosa Maria, sicuramente anche a nome di Enrico.
cristinabove 02/03/2008 23:41

31
Mi piaci anche in questa veste (insolita,almeno per me), Cristina. Quanto a Enrico, non dubitavo affatto della sua…vena poetico-sentimentale!!!… Dolce e insieme divertente, leggero. Bel racconto, davvero. Complimenti a entrambi.
annarita59 24/01/2009 00:16

 

32
a distanza di un anno ancora commenti? fosse che cristina e io siamo un evergreen? 🙂
enricogreg 24/01/2009 10:52

33
No! Siete una bella “ribollita”.
Ma poi…che cos’è questa ribollita? E’ una variante del pancotto ( primo piatto lombardo)?
Baci, Miriam
utente anonimo 24/01/2009 13:58

34
*Annarita,  grazie
*enrico, et vist?..  🙂
*Miriam
mai assaggiato la ribollita, spero sia più buona del pancotto, che proprio non mi piace.
baci
cristinabove 24/01/2009 14:33

Informazioni su cristina bove

sono grata alla vita d'avermi lasciato il sorriso
Questa voce è stata pubblicata in a quattro mani, racconti e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

2 risposte a era il lontano 2008

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...