ho smesso la capriola e il ciangottare
io sasso
non ho da offrire miele né riparo
a nessun uomo e a nessun dio
io sola
cuore subossidato
che non ho messo mai radici mai
sul dente di leone ha vinto il vento
su di me sarà fulmine e saetta
a scavare in un giorno apocalittico
la ragione del mondo
ora mi fa solletico il passaggio
della bufera piccola da tasca
io impavida
sfido me stessa ed ogni mio pensiero
e quanto
di mia bellezza fosse malachite
anche il pudore
di non offrirmi grumo infinitesimo
a chi mi ha regalato l’universo
* tungsteno (durissimo) perché suona meglio di “subossido di boro” secondo per durezza solo al diamante.
.












grandiosa! potrebbe essere anche diamante – shine on you crazy diamond
baci
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the, non ambisco a tanta luce!… ma grazie!
baci
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Bufera in tasca e in volo pietra . Meravigliosi : dipinto e testo!
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cara Giacinta, è solo piccola però…
grazie per il resto 🙂
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Se non ricordo male è di tungsteno quel filo sottile che c’è nelle lampadine… quindi dico che la metafora è la luce che proviene dalla tua anima.
Lo prendo come dato di fatto, non perché si evince dalla poesia, ma perché lo so io e basta.
Ciao, buon dì,
Car
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sì, Car, ricordi bene, ma si usa anche per strumenti vari, frese, lame, ecc. per la sua durezza.
in effetti è passato in secondo piano rispetto al “subossido di boro” che avrebbe dovuto essere il titolo di questa mia, ma siccome non mi suonava bene, ho preferito “tungsteno”.
però non ti nascondo che mi piace assai il “contatto” col filamento e la luce 🙂
grazie!
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Affianco i tuoi versi a uno dei racconti dalla raccolta, a me molto cara, di Stifter: “Pietre colorate” (in italiano nell’ottima traduzione di Paola Capriolo)
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grazie, Anna Maria, mi hai dato modo di conoscere un personaggio di cui non conoscevo nulla. ho letto alcuni versi e la sua biografia, veramente interessante.
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tanta durezza racchiude tanta tenerezza
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è per proteggerla che la circondo di durezza, apparente,,
certo non amo le sdolcinature.
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Caspita che piglio cris, che meraviglia hai tirato fuori da una pietra. Perché pietra non sei, e tuo malgrado hai miele e riparo. Per tutti noi, per fortuna. Poesia stupenda, non so come dirti quanto mi sia piaciuta. Un forte forte abbraccio. Ho un internet a intermittenza. E’ questo il motivo del mio leggero ritardo
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ti ringrazio della stima, carissima, la pietra era il peperino romano, non so nemmeno io come feci a scolpirla, ricordo solo che non so quanti scalpelli e sgorbie dovetti far affilare o ricomprare. il resto, invece, è un po’ il mio cuore…
ti abbraccio
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E’ una meraviglia questa poesia! Bellissimissima!!!
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grazie assai, cara Annita!
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p.s. il mio rito rigenerante
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Cristina, sono senza parole dall’emozione. Meraviglia è quello che provo ogni volta,
e sottolineo ogni volta, che ti leggo, mbe’ in pratica tutti i giorni…
Tu sei il mio punto fermo del rientro a casa.
Un bacio.
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beh, Frantzisca, essere rito rigenerante è davvero emozionante.
spero di avere sempre questo potere, oltre al grande affetto.
un bacio a te.
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Poesia “pietrosa”. Eppure dietro l’apparente durezza risuona il canto che conosco e che apprezzo, raccogliendo fra i “detriti” che scagli i piccoli diamanti dei tuoi endecasillabi…
🙂
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Toni, l’undici essendo il proseguimento di ogni dieci ha funzione di rinnovo.
forse è per questo che l’endecasillabo produce un ritmo che non è mai chiusura, e spesso ha bisogno del settenario per concludere.
in numerologia ha anche un significato arcano.
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Che bella questa poesia, anche l’immagine, vedo dentro il sasso il barlume di una creatura femminile a occhi chiusi. E che cos’è la poesia se non una trasparenza di livelli del pensiero? E quanti sono, i livelli. Una profusione che non si può contare, tra cui scegliere morbidamente parole e ritmi or di qua e or di là, assottigliando il pensiero, dilatandolo, incanalandolo o liberandolo a piacere. senza legacci, ormai. Così tu balli a punta sulle parole, ma senza scarpette da danza, a piedi nudi, e trasvoli più che toccare il linguaggio, come se fosse la lingua a formare te e non viceversa. E poi c’è quella “bufera piccola da tasca” che ti fa il “solletico”, insomma ti fa ridere. Ironia vera, che lascia il segno.
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l’immagine è davvero pietra, da me scolpita anni addietro e inserita in qualcosa di metallico che preferisco non svelare.
i livelli sono tanti, come tante sono le ambivalenze dell’animo umano.
hai ben delineato il rapporto tra linguaggio e mente che lo governa. o dovrebbe, ma forse è come dici tu, è la parola stessa che pervade e conforma.
grazie di aver notato la bufera da tasca. 🙂
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…scalfita solamente dalla poesia.grazie.ciao Cristina.
io impavida
sfido me stessa ed ogni mio pensiero
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la prima sfida vera…
🙂
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