.
Che ne sa mai la piatta superficie
della conformazione globulare?
Crediamo d’esistere più dei quadrati
e cerchi e trigoni d’Abbott
nel ritenerci tridimensionali stiamo
come la sfera al piano
il soprannaturale
è nell’impronta della circonferenza
e dio soltanto un punto di contatto
Pingback: Se non l’attraversiamo, di Cristina Bove | miglieruolo
grazie, mam
cb
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a me pare non vi sia una mano che ci ferma.
con giusta pressione, tenere dita.
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Forse perché non può essere una mano a sostenerci e condurci oltre la mera forma, ma un quid-noistessi che non conosciamo in toto.
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Beati i Poeti cui è dato d’indagare il soprannaturale e farlo proprio solo intingendo la penna nel calamaio della loro inesauribile creatività. Per loro, per te, sfere e piani possono sovrapporsi, sdoppiarsi e opporsi, maghi del lessico pensato, quali siete e sei . . .
baciopomeridiano
grazia
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carissima, se nel dire “poeti” ti riferisci a coloro che annotano le emozioni, nella gioia come nel dolore, nella bellezza come nella bruttura, che si “scrivono” e si “leggono” nelle mille sfumature della percezione, allora sì, e lo siamo tutti, in una consapevolezza partecipe, una vicinanza intellettuale e spirituale che ci accomuna.
grazie.
bacioserale
cri
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… e in quella circonferenza, ci vedo la vita…
in quella circofernza senza forse confini, viviamo, respiriamo, sorridiamo, e a volte soffriamo,
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Sfera nella sfera… e noi forme delineate, quasi disegni animati a chiederci ogni cosa senza avere mai risposte complete.
Ciao 🙂
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Si, Cris, per la mente è veramente difficile e…angosciante percepire la pluridimensionalità dell’universo.
In questo libricino che mi è sempre piaciuto, mi emozionò molto l’incontro di Quadrato col mondo unidimensionale di Linelandia e quello sconvolgente con lo spazio tridimensionale… apre ai nostri occhi la visione di un meccanismo di mondi concentrici, incompatibili e incomunicabili!
Spiazza i nostri punti di riferimento!
Un gioco di specchi in cui il nostro mondo tridimensionale è probabilmente osservato da un ulteriore mondo con la stessa superiorità e indifferenza con cui guardiamo Flatlandia… la visione di una molteplicità di mondi diversamente ciechi e ignari… incapsulati l’uno dentro l’altro…
Un grazie a te e ai tuoi versi che hanno il potere di suscitare in chi li legge tante riflessioni…
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Perplessità, allusioni, brividi, inquietudini…
Ecco, Nina, è ciò che prima ha attraversato me, che tento poi di comunicare.
Lessi Flatlandia molti anni fa, e ne fui affascinata, avendo forse compreso che c’era molta più misteriosa verità in quel libricino che in tanti tomi di filosofia.
Hai anche menzionato Carroll con la sua Alice e gli specchi.
Potremmo aggiungerne tantissimi altri, dai favolisti dell’antichità a Swift… ai cultori dell’esoterismo, a tutti i teorizzatori scientifici, ecc…
Nel leggere tanto, in quel periodo, ebbi l’intuizione che ogni essere umano è un infinitesimo tassello del grande mosaico e che ciascuno può conoscerne soltanto quanto è compreso nei limiti delle proprie coordinate esistenziali.
Sono sicura che hai sentito davvero un sussulto nell’intuire il processo di avanzamento della sfera sul piano, e nello “scoprirne” le peculiarità geometriche e metafisiche.
Hai anche notato, suppongo, che alla mente risulta più facile comprendere, grazie a queste proiezioni, la pluridimensionalità dell’universo.
Grazie della tua preziosa attenzione.
Un abbraccio
cri
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“…stiamo come la sfera al piano…”
I tuoi versi un po’ tra la gelida grazia astratta e il delirio carrolliano stimolano nel lettore la perplessità con criptiche allusioni ad altro, provocano brividi, inquietudini…
Quell’oggetto, la Sfera, che per farsi riconoscere dove vive il quadrato attraversa il piano producendo sezioni, cerchi che variano man mano che la sfera scende: un solo punto quando la sfera tocca il piano, poi una sezione sempre più ampia fino al cerchio massimo e poi diminuendo fino a ridiventare punto!
La sfera “passa” attraverso il piano, sempre uguale, invariante, eppure trasformandosi continuamente sezionandosi col piano…
E noi, il Quadrato, che vediamo solo il profilo della sezione perchè non possiamo vedere dall’alto, percepiamo solo una linea che aumenta di lunghezza e poi diminuisce fino a sparire… non capiamo il fenomeno… ne restiamo terrorizzati…
-Un’orrore indicibile si impossessò di me – dice Abbott/Quadrato – dapprima l’oscurità… poi una visione annebbiata, stomachevole, che non era vedere… vedevo una linea che non era linea… uno spazio che non era spazio… io che non ero io…-
Così Noi, linee rette, quadrati, triangoli, pentagoni, esagoni … ci muoviamo liberamente sulla superfice senza poterci sollevare… senza poterci immergere… come ombre…. ombre tuttavia consistenti dai contorni luminosi… la stessa luce di cui è fatta la Sfera….
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ma, quanti conigli hai nel tuo cilindro?
🙂
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spero ancora tanti… 🙂
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Ci sono poesie che entrano nel profondo di noi stessi e trovano parole anche scarne, che vogliono dire molto di più e cercano il modo, lo sfiorano, lo prendono, lo perdono, lo riprendono, ti lasciano uno strano sentimento di sete interna. Questa tua poesia è una di quelle.
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sono riflessioni che ci accompagnano nel quotidiano, e che nella grande geometria dell’universo tentano di instillare il dubbio sulle illusorie nostre percezioni sensoriali.
è forse proprio quella sete di cui parli tu.
grazie
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Bella! mi hai fatto ricordare un libro che parla degli uomini a due dimensioni in un mondo a due dimensioni, ora non mi ricordo il titolo, poi lo cercoe le lo dico.
Buona giornata, carissima!
Car
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Abbott, Flatlandia
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