Sulla strada c’era
e nel mucchio selvaggio si sparava
o si fuggiva lungo le rotaie
per non perdere il tram dei desideri.
Sostare in quarantena per scommessa
e preparare borse per partire
senza sapere il punto d’atterraggio
_ci si adegua_
e si percorre il resto del cammino
nei labirinti dalle mille svolte
un segnalibro in tasca
da mettere tra i fogli dell’esistere
“Domani è un altro giorno” disse Rosella O’Hara indomata e noi non ci facciamo portare via dal vento.Avevo fatto una disquisizione sulla filosofia, la scienzae la poesia, mi si è chiusa la pagina e plus rien. Doveva essere riflessioni di poco conto.
Un abbraccio, Cri.
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peccato, cara Narda, mi sarebbe piaciuto leggere le tue riflessioni che mai sarebbero di poco conto, neanche se tu lo volessi!
magari ne parliamo a voce, eh?
intanto grazie e abbraccio ricambiato 🙂
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Beat generation, poeti (e scrittori) sporchi e cattivi, sempre on the road che continuano a influenzare la poesia contemporanea americana (Fernanda Pivano docet!)
In quel “sostare in quarantena” ci vedo un riferimento all’attuale dramma dei migranti, per riferimento agli italiani che dovevano, nella democraticissima America, sostare 40 giorni prima di essere accettati o rimpatriati.
Tutto sostenuto, però, dalla speranza (“un segnalibro in tasca”) a fare da spartiacque tra l’dealizzato e la prospettiva di una vita migliore.
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quella generazione ci ha liberato dai manierismi, da una parte, ma ne ha creati altri, e se il romanticismo poteva sfociare nella melensaggine, la scrittura tosta può trasformare il verismo in una impietosa rinuncia alla delicatezza.
stare nel mezzo è l’equilibrio che rende la poesia diretta, senza fronzoli, ma sempre ispirata da quella ignota mistica dello spirito.
veramente un bel riflettere. il tuo,Elis, e prezioso il tuo commento.
grazie
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