La serra di Penelope

fildiferro by CriBo

tesse il filo spinato
brava donna che lavora ai ferri_corti
fa maglie di grovigli ai mendicanti
reti di rovi per giardini
esposti al maestrale

nottetempo
sferruzza rimasugli di ricordi
_ne ha le mani ferite, il cuore un po’ di più_
per restare nel campo delle spine
legge manidifatalità
apprende l’arte del confezionare
paradossi metallici
urticanti vestaglie di lamé

 

 

Informazioni su cristina bove

sono grata alla vita d'avermi lasciato il sorriso
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5 risposte a La serra di Penelope

  1. lementelettriche ha detto:

    Io ero libera: guardavo nonna Lucia e volevo somigliarle, tentavo di fare come lei per mia scelta.
    Ho amato tanto tutto ciò che abbiamo fatto insieme, mi ha supportata sempre ed era un grande spirito, completamente libero. Non ho avuto mai imposizioni, non certo da lei.
    Per questo ho disegnato e realizzato due farfalle: una più piccola e una più grande.
    Io e Giulia, libere di volare con leggerezza e di scegliere.
    Il messaggio è stato colto pienamente da mia figlia.
    Le suore… volevano diventassi una di loro ma non è stata una scelta di successo.
    Ci andavo per giocare nel grande giardino sotto alla scuola materna e volavo con l’altalena, mi facevano fare questo ed altro: sono ancora le nostre dirimpettaie e nonno le aiutò anche economicamente quando costruirono l’asilo.
    “Il babbo di Paola vi porta la frutta migliore, non sprecatela” (diceva la superiora agli altri bambini).
    Un po’ mi dispiaceva: non ero mai completamente Paola, ero sempre “la figlia di”.
    Oggi ho capito la mia immensa fortuna.
    😉

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  2. lementelettriche ha detto:

    Forse non lo sai Crì, ho quattro mobilettti e un baule pieni zeppi di manidifatalità:
    li consultavo – quando ero ragazzina – con mia nonna, la magliaia più brava della zona.
    Tutte le signore trés chic avevano qualcosa di confezionato ad arte dalla signora Lucia:
    a dieci anni facevo l’uncinetto perfettamente e, oggi, conservo ancora i nostri giornali.
    Sono passata alla carta millimetrata, ho imparato a fare da sola gli schemi creandomi
    i disegni e – con le spillette – contavo, realizzavo e superavo anche i giornali.
    La cosa più bella che ho fatto, da sola, mi è costata un anno di lavoro indefesso ma
    il cesto di bomboniere di mia figlia, per la Comunione, era meraviglioso.
    – “Paola, vuoi che nonna ti aiuti?” –
    – “No nonna, grazie, voglio che tu mi faccia i complimenti quando avrò finito da sola!” –
    Devo dire che è andata veramente bene, queste le mie manidifatalità.

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    • cristina bove ha detto:

      io odiavo ferri e uncinetto, che le brave suore si ostinavano a impormi.
      da adulta ho avuto un’amica che comprava “Mani di fata” e confezionava cose bellissime, io preferivo dipingere e scolpire.
      sono felice che anche tu ti sia cimentata con successo, soprattutto per la bomboniera di tua figlia. 🙂

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  3. lementelettriche ha detto:

    manidifatalità è genio puro ❤

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