Scritta qualche anno fa
per una improvvisa voglia di leggerezza
Non c’era una volta, c’è adesso: una donna che dipinge farfalle, di ogni specie, e lo fa con un realismo tale che quelle vere aspettano che si stacchino per volare via tutte insieme.
Sulla sua tavolozza mescola il brillante cinabro, il cobalto, il carminio e l’oltremare, il verde veronese e lo smeraldo, il nero avorio e il giallo cadmo, perfino il lapislazzuli, e l’oro e l’argento, e quando è intenta a dipingere dimentica ogni cosa.
La sua fama di pittrice è diffusa in tutto il paese, e lei non ha bisogno d’altro che di osservare le leggiadre creature mentre le svolazzano intorno o si mettono in posa ad ali ben spiegate per farsi ritrarre.
Tempo fa accadde un fatto strabiliante del quale tutti i lepidotteri si ricordano ancora e, se glielo si chiede, lo raccontano per filo e per segno.
Erano giorni tristi, pioveva a dirotto ormai da quasi una settimana, e tutti gli uccelli se ne stavano nel nido, il formicaleone aveva dovuto sbaraccare in fretta e furia altrimenti sarebbe annegato lui stesso nell’imbuto. Il cane se ne stava mogio nella cuccia e ne usciva soltanto per mangiare. Perfino le marmotte, che ai primi tepori di primavera si erano svegliate dal letargo, erano tornate nelle tane, ma non riuscivano a riprendere sonno.
Nella casa circondata da roseti, ora zuppi e stillanti, c’erano tutte le luci accese, il viale gremito di macchine, e malgrado la pioggia scrosciante tutti scendevano di fretta per dirigersi all’ingresso della villa.
La prima a parlare fu Piera Cavolaia: – Per me c’è qualcosa che non va –
Octavio, il grosso ragno del garage si fece avanti : – Ne sono sicuro anch’io, sono giorni che l’auto è qui ferma –
Lycaona, che si informava sempre oltre il dovuto, anche stavolta seppe dire la sua: raccontò di aver sbirciato dalle tende della camera e che c’era gente accanto al letto sul quale la donna pareva che dormisse.
Si intromise Ornella Euphorion svolazzando un po’ vanesia nella sua caleidoscopica livrea e raccontò a sua volta di aver sentito piangere nella serra le amiche più assidue della pittrice: – Si soffiavano il naso di continuo, una di loro singhiozzava –
Silvia Podalirio, che abitava sul biancospino davanti alla casa del dottore, entrò nel pieno del discorso e, visto che se ne intendeva un po’ di termini medici, si rivolse a tutte le altre: – Ascoltate, io credo che la nostra amica stia molto male, forse sta per morire –
– Sei la solita catastrofica pessimista!- esclamò Icaria Variopinta, sai vedere solo il lato negativo delle cose!-
– Su, su, compagne, non è il caso di litigare, qui bisogna trovare una soluzione. Se è vero quello che dice Pody, e conoscendo la sua serietà e la sua competenza della terminologia medica non c’è motivo di dubitare, io proporrei di ricorrere alla nostra regina Faer Thysania Agrippina, lei conosce i rimedi per tutti i mali –
– Sciocchezze, bofonchiò Morphea Celeste, la Regina conosce i rimedi per i nostri mali e quelli di tutti gli insetti del mondo, non per quelli degli umani!-
– E poi, rincarò subito Icaria, lei vive in Amazzonia, come potremmo mai arrivare fin laggiù? Non basterebbe la nostra vita a percorrere in volo la distanza.-
Monotrysia, più piccola che mai, stavolta fece udire la sua vocina: -Ho un’idea: perché non andiamo tutte all’aeroporto e c’imbarchiamo sul primo jet diretto in Brasile? Da lì poi sarebbe facile raggiungere Manaus e proseguire per l’interno sorvolando fino alla grande Ceiba.-
Furono tutte sbalordite dall’insospettata arguzia della piccola, e si trovarono concordi nel mettere in pratica il progetto.
La Sfinge Velox si incaricò di raggiungere per prima l’aeroporto, a leggere gli orari delle partenze ed aspettarle per indicare loro l’aereo giusto.
Le farfalline più deboli furono fatte salire sulle possenti ali delle più grandi, e tutte, in men che non si dica, giunsero appena in tempo per infilarsi nel portellone del jet in partenza.
Il viaggio fu lungo, a Podalirio venne spesso da vomitare, ma le altre le sventolavano l’aria intorno a turno. Gustarono perfino qualche goccia di succo d’ananas lasciato in fondo ai bicchieri dai viaggiatori.
Quando atterrarono furono le prime a uscire e a rimettersi in viaggio
Guidina Monarca si incaricò dell’orientamento di volo.
Giunsero ch’era sera al grande albero, scesero nel fogliame, dove, adagiata su morbidi cuscini di muschio, sedeva la Regina.
Furono subito accolte e rifocillate e ascoltate nella concitazione della loro richiesta, tanto che dovettero calmarsi per esporre meglio il problema.
– Se ho ben capito, disse Faer Thysania, volete che io guarisca la vostra cara amica, non è così?-
– Siiiiiii!- Risposero in coro le farfalle.
– Ma voi sapete bene che non posso intervenire per gli umani.-
I primi goccioloni di lacrime sgorgarono dai grandi occhi di Icaria, e poi fu tutto un singhiozzare.
Thysania non poté resistere: – Tuttavia un rimedio ci sarebbe, unico e assolutamente irripetibile da parte mia, ma richiede un grosso sacrificio da parte vostra.-
– Siamo disposte a tutto!- gridarono all’unisono.
– Si tratta di questo, dovrete rinunciare a quanto vi è più caro al mondo.-
Le farfalle parlottarono tra loro, qualcuna era molto turbata, ma alla fine furono tutte d’accordo: avrebbero rinunciato ai loro colori.
La Regina, sorpresa e commossa da tanta abnegazione, non tentò nemmeno di dissuaderle e affidò loro il polline della guarigione, quello del fiore Unico che solo lei conosceva.
Nel mentre, tutti i colori smaglianti sparirono dalle ali e le livree diventarono grigie, anonimamente grigie.
Il volo di ritorno fu più veloce dell’andata, un solo scalo intermedio.
Le farfalle giunsero trafelate alla villa, proprio mentre un viavai lungo il viale bagnato dalla pioggia si faceva più frequente.
Loro, quasi invisibili com’erano vestite di nebbia, si intrufolarono in casa e volarono su per la camera, accanto al letto. Chi stava nelle vicinanze aveva gli occhi troppo gonfi di pianto per potersene accorgere.
Ornella, quella più colpita dal grigiore, recava il prezioso polline che aveva serbato per tutto il volo tra le antenne, tanto da averle quasi anchilosate. Accostandosi con circospezione al viso della donna morente le fece scivolare tra le labbra il magico rimedio. Poi volò via veloce a raggiungere le altre.
Ora se ne stavano immobili dietro le tende chiuse, ad osservare con il fiato sospeso.
Ed ecco che nel letto ci fu un movimento, il corpo fu attraversato da una corrente vivificante che ne percorse ogni arteria, ogni muscolo… il viso acquistò un bel colorito roseo.
La donna si levò a sedere guardandosi intorno meravigliata.
Ci fu un tramestio, un vociare gioioso, qualcuno gridò al miracolo!
La serata si trasformò in una festa, tutti giù nel salone davanti al caminetto acceso, intorno alla signora che abbracciava ognuno sempre più stupita.
L’indomani si annunciò con uno splendido sole, i fiori a corolla alta si stiracchiavano al tepore, gli uccelli cinguettavano felici, il formicaleone si affannava a rifare la sua tana, le marmotte poterono uscire, seppure con un po’ di mal di testa per le notti insonni.
Il cane zampettava intorno alla padrona che intanto si curava dei germogli di rosa e dei giacinti.
Le sembrò molto strana l’assenza delle farfalle.
Guardava tra le siepi di biancospino, nell’angolo delle margherite, perfino nell’orto dove non c’erano le solite bianchine affamate, quando una lieve forma color polvere le si posò sulla mano. Che strano, pensò tra sé e sé, se non fosse per il colore sembrerebbe un podalirio.
Poi se ne aggiunse un’altra anche questa di un colore indefinibile, spento, ma la forma era quella di un macaone.
Quando il suo sguardo si fu abituato le scorse tutte, e pur distinguendone le caratteristiche, non riusciva a spiegarsi quel grigiore.
La prima a farsi udire fu la minuscola Trysia, che le sussurrò all’orecchio, senza peraltro sperare di essere udita: – Siamo noi, le tue amiche farfalle!-
– Siete davvero voi carissime! Ma come mai siete tutte così incolori?
Stava per intervenire Morphea, quando un’occhiataccia di Lycaona la zittì.
– Ma io sento i vostri pensieri! Esclamò la pittrice. Riesco a captare quello che vi dite! Che meraviglia, ma… ma, un momento, leggo tutta la vostra impresa nelle vostre menti! Avete fatto questo immenso sacrificio per me! Avete rinunciato alle vostre qualità più belle per dare a me la vita!-
– Sciocchezze, bofonchiò Morphea, sciocchezze!-
La donna le guardava rattristata, non sapeva che fare, pensò anche di ritrarle a mente, almeno per ricordarne la bellezza.
Vado a prendere la tela più grande che c’è, le dipingerò così come erano.
Mentre pensava ciò, vide che le farfalle stavano riacquistando i rispettivi colori, dapprima lievi, e poi sempre più intensi, in tutte le sfumature di rosso, arancio, verde, turchino, blu… Piera e le sue sorelle sfavillavano di un bel bianco avorio, Morphea di un azzurro meraviglioso, e Macaone in giallo e oro dei più smaglianti. Pefino Trysia adesso era di un grigio perla iridescente. Erano diventate tutte luminose, con le livree più belle di prima.
La pittrice rideva contenta come una bambina e le farfalle le volteggiavano intorno meravigliate e incredule in un tripudio di voli colorati e di allegria.
Le più audaci le deposero piccoli baci tra i capelli.
Lontano, tra le foglie della lussureggiante ceyba, Faer Thysania Agrippina pensava alle sue care piccole suddite: le aveva messe alla prova, ed erano state davvero generose a privarsi dei loro beni più preziosi in cambio della vita dell’amica. Avevano rinunciato senza sapere che avrebbero riacquistato tutti i loro splendidi colori, una volta compiuto l’incantesimo.
ottobre 2010
ciao cara, la tua favola ti somiglia molto! soprattutto nel volare delle farfalle… sono leggere come te!
Ti abbraccio.
:-))
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grazie, ti abbraccio anch’io 🙂
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Fiaba deliziosa! Adoro le farfalle, mi sono soffermata a leggere fino in fondo
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grazie, Elis, mi divertii a scriverla 🙂
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