“Ogni persona è un genio. Ma, se giudichi un pesce dalla sua capacità di scalare un albero, passerà tutta la sua vita pensando di essere stupido”. (A.Einstein)
Il Nulla… il non-sperimentabile, l’inesistente, l’ inconcepibile paradosso infinito.
E già definire il Nulla è atto appartenente alla sua antitesi, l’Essere.
Alla domanda “perché tutto è come è, e non altrimenti” di einsteiniana memoria, nessuno può dare una risposta.
Ma la vera domanda, secondo me, è: perché abbiamo bisogno di farci domande?
Forse ho dormito male, qualcuno potrebbe insinuare.
In effetti non proprio bene, ma la domanda si è affacciata molto tempo fa e ha tenuto svegli altri cervelli meglio equipaggiati del mio.
In una discussione con un amico matematico, si giunse al concetto che “è l’essere lo scandalo, non il nulla”
È perchè siamo, che ci facciamo domande, ché, se non fossimo, ovviamente non ci sarebbe alcuno a farle. È qui che ci vedo l’anello di Moebius, i due aspetti di una stessa realtà l’uno funzionale all’altro. Mi chiedo: che cosa potremmo sapere dell’essere, se non avessimo cognizione del non essere?
Qualcuno fece impazzire ed impazzì per questo. E ci regalò il suo dilemma.
A me piacerebbe trovare nel mio semplice esistere il senso che non sia un senso”altro”, che non abbia precedente pensiero, che non sia mediato da altra coscienza se non la mia.
L’amico suggerì che forse soltanto nel punto di morte sarà possibile saperlo, e non si riferiva certo a convinzioni fideistiche.
come in un quadro di Escher…
immedesimazione del relativo nell’assoluto.
grazie
cri
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conosco un mare da dove i pesci si sono fatti uccelli e scalano alberi misurano vette, ritte su scale di vento le onde flettono i crinali delle erbe, delle mente spargono i semi dell’essere senza un riparo che non sia cavo, senza un filo che visibile ci leghi nell’immenso . f
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Tutto coincide, sub specie aeternitatis, ma noi viviamo qui ed ora e l’eternità è una scommessa che non ho mai giocato, per cui trovo ancora differenza tra l’essere e il nulla, e preferisco vivere.
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ma certo, Aitan! essere vivi, è questo ciò che conta!
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Titolo perfetto, Cri, per questo tuo scritto molto interessante.
Torno con calma.
Sei più in forma di prima, amica cara.
Io prevedevo tutto questo! 🙂
gb
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grazie, gb,
le tue previsioni erano giuste.
🙂
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“Cogito ergo sum”, penso perciò esisto. E’ tutto qui, pensiamo perché esistiamo, ci poniamo domande in quanto abbiamo una mente pensante. Allora evviva perché siamo in vita e perché abbiamo una mente con tutti i suoi connettori a posto.
Bellissimo post, cara Cristina, vedi il fatto che tu abbia scritto e pubblicato mi fa capire che sei in forma, ed è questo che mi piace.
Buona vita, un caro abbraccio.
annamaria
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mah, cara Annamaria, non so se esistiamo perché pensiamo…. con buona pace di Cartesio.
forse è vero il contrario.
intanto ci dibattiamo da secoli nelle stesse domande.
grazie della tua presenza e degli auguri, che ricambio con affettuoso abbraccio.
cri
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Io non so nulla o quasi nulla di Zen, ma so delle domande che ci poniamo, alle quali non possiamo sottrarci anche se non abbiamo risposte. Scienza e religioni hanno provato, provano a fornire risposte (chi siamo, dove andiamo, perchè qui, perchè così… ); nessuno è riuscito ad essere esaustivo. Anche la filosofia continua a girare attorno alle stesse domande, da millenni.
Proviamo a porci una piccola domanda alla settimana a cui rispondere dipende dal nostro impegno e dalla nostra volontà (es: voglio essere più accogliente). Non è necessario siano tutte richieste affermative, anzi credo che molte vadano poste al contrario (dire non mi interessa).
Credo che sia una ricettina a portata di medietà intellettuale, che tiene conto delle nostre fragilità e le perdona. Niente lassismo però, eticamente sempre.
Narda
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le domande di sempre, cara Narda, quelle che forse hanno fatto alzare gli occhi alle stelle ai primi uomini, a chiedersi cosa fossero.
a quelle c’è stata risposta, al perché esistessero, mai.
dici bene, nessuna risposta è stata esaustiva, solo frammenti di conoscenza, ma ci hanno condotto almeno a sapere di cosa è fatta la materia, e quindi di cosa siamo fatti noi.
i proponimenti sono qualcosa di meglio delle risposte insufficienti, almeno danno un senso al convivere.
e se fossimo tutti compassionevoli e comprensivi, ci rapporteremmo alla realtà con altro spirito, consci della comune sorte.
ciao
cri
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è vero, Alex, sfiorare la morte allerta sensi che non pensavamo di avere.
l’intuito si fa sempre più presente, e la vita si accoglie attimo per attimo con una differente consapevolezza.
grazie
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Se ci si può avvicinare a un “senso”, credo, si scopre che questo ha a che fare con l’intuito, piu che con il ragionamento, al sentire una sorta di “allineamento” con gli oggetti e le forze esterne e interne in cui siamo immersi. Percepire “la morte” può essere uno stimolo, come quando una vita è seriamente costretta, o in pericolo.
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E’ vero: sono le ragioni dell’essere a non essere comprensibili. Perché il caos si è organizzato, perché le particelle si sono organizzate secondo criteri matematici? Per questo si sono create divinità che giustificassero questo esistere come prodotto di una scelta. Quanto alla citazione di Einstein, spiega benissimo perché siamo comandati da una classe dirigente inadeguata: sono sbagliati i criteri di valutazione. I nostri concorsi, anche quando sono perfetti e regolari, valutano la memoria di un candidato o la sua capacità di scrivere o di parlare in pubblico, non la sua capacità di pensare e di trovare soluzioni originali, Insomma, continuiamo a chiedere a tutti di scalare gli alberi, mai di nuotare nelle profondità del mare e in questo modo finiamo per essere diretti dalle scimmie.
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caro Guido, tutti i perché che gli uomini si sono posti nel breve arco della loro vita, tutte le domande sul perché delle cose.
del caso e della necessità, dell’entropia alla sintropia… il pensiero a volte si dibatte nell’incapacità di stabilire un punto.
nello Zen è tutto Mutamento.
grazie
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…e, comunque, al pesce non servirà mai di scalare un albero…
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non è assiomatico.
mai sentito parlare del battito di una sola mano?…
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mai!
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a meno che non battesse contro qualcosa…
ma così, non vale!
😉
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non conoscere qualcosa, non la elimina.
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parole sante…
inoltre induce nell’ignorante desiderio di sapere…
e dunque…che d’è ‘sta storia della mano che batte da sola?
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il silenzio
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…
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L’eterno tentativo di sfuggire al prospettivismo. Al ” mi piace ” qui sopra mi sarebbe piaciuto aggiungere ” molto “, ma non l’ho trovato.
Un caro saluto
Roberto
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bentornato, Roberto.
la prospettiva ci inganna, benché la si persegua nell’illusione della compattezza.
è lo spazio a darci forma.
l’eterno presente a contenerci.
un caro saluto anche a te
cri
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Un mio piccolo contributo….
Secondo lo Zen, non v’è nulla che possa essere guadagnato o perduto, né alcunché da conseguire…. Proprio nulla. . Il paradiso è qui ora: è ciò che chiamiamo Nirvana perché è privo di ego; e proprio qui ed ora è anche l’inferno che noi chiamiamo Samsara perché è ripieno dell’ego e, poiché è ripieno dell’ego, ha bisogno della paura della punizione e della speranza della ricompensa. Qualunque sia la scelta fra queste condizioni di esistenza, dipende solo da noi e dallo sforzo che intendiamo fare per uscire dal Samsara…..nello Zen come in tutto il buddhismo la Via altro non è che un ritorno.
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Lo Zen si avvicina alle scoperte della scienza riguardo alla materia.
che si tratti di paradiso o inferno, è in questo mondo duale che si svolge la nostra esistenza su questo pianeta.
se poi si vuol far confluire ogni cosa nelle sue componenti estreme, sappiamo che tutto quanto è forma manifesta, è luce.
siamo fatti di fotoni, agglomerati di quanti, nell’apparenza che ci fa individui.
e,sì, è un continuo Ritorno.
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Om shanti Cristina. 🙂
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Namasté 🙂
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Sì, in punto di morte sembra ci si presenti davanti tutto il film della nostra vita e solo allora, mentre la scena si sta per chiudere, se ne potrebbe cogliere il senso, ma… il venir meno della coscienza ci impedisce anche in quell’ora suprema e definitiva di capire il senso della nostra vita.
Ma credo che a quel punto della nostra storia non interessi più -a noi- scoprire alcun senso, forse potrebbe interessare a quelli che potranno leggere la nostra esistenza conclusa come avviene ai biografi per le biografie.
Invece penso che il senso complessivo sia già in nuce in ogni piccola azione, o pensiero o accadimento che ci riguardano man mano.
Queste piccole porzioni di senso che possiamo cogliere -ora- mi interessano molto, perché sono come indizi che possono anche stimolarmi a verificarne l’attendibilità, l’efficacia, per esempio in uno sviluppo successivo che, se coerente, fa evolvere la/e situazione/i (o ne testimonia l’evolversi) in una direzione che vorrei definire “progresso”, se contraddittorio, mi costringe a re-interpretare il senso… e così via. E già in queste azioni c’è un’altra piccola porzione di senso per nulla trascurabile.
Mi piace moltissimo la frasetta finale di A. Einstein, te la rubo e la pubblico su fb, per vedere l’effetto che fa…
A me ha ricordato le tante persone che dovrebbero aiutare i ragazzi a crescere (in un caso perfino una mamma con il suo bambino!), e che li apostrofano sempre o spesso con appellativi assolutamente scoraggianti!
E mi fanno tanta pena, (questi pseudo-adulti, dico) perché dimostrano la loro assoluta inadeguatezza e forse anche l’essere “il nido della vera stupidità”!
Grazie, Cristina, delle tue riflessioni.
Buona domenica
carmen
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buona sera, Car,
io credo che non si riferisca allo scorrere delle immagini di una vita in punto di morte, ma al cambiamento di stato, in cui se ancora vi sarà consapevolezza non sarà certo quella inferibile dal cervello (le cui cellule si disgregheranno come tutto il resto), ma una qualche conoscenza altra che non appartiene più all’apparato fisiologico, ma a nuova, ignota, modalità di esistenza.
Gli indizi cui ti riferisci, sono forse quei lampi d’intuizione che arrivano improvvisi, e che gli indù chiamano, appunto, “illuminazione”
Ma che. essendo altrettanto fulminei nel disparire, spesso ci lasciano solo un vago ricordo di quei barlumi.
Grazie anche a te delle tue riflessioni
un caro abbraccio
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