Repubblica, Città del Sole, Castalia, luoghi del “buon governo”, dove le leggi sono concordate dalla saggezza di illuminati e dove il tempo scandisce non solo gli eventi ma anche l’evolversi degli stessi fautori nella sua realizzazione, il che logicamente determina la non prevedibilità dell’elemento inaspettato: una singolarità divergente che potrebbe sconvolgere i piani della ragione.
Utopia, Giuoco delle perle di vetro, Caverna platonica, contestualizzano politiche fondate sull’incremento sociale dell’intelletto e dell’autocoscienza, sull’accettazione di regole e categorie cui riferirsi; tuttavia non considerano quanto l’animo umano sia suscettibile di mutamenti radicali, e quanto questi possano essere indotti da reazioni individuali ad eventi inaspettati, nel bene e nel male.
Che la discrepanza tra la bontà dei principi ispiratori di un sistema governativo saggio e la sua incongrua realizzazione, risieda nell’ipotesi inconscia dell’elemento imponderabile?
Nel concetto castale ci sono gerarchie da rispettare e categorie sottoposte all’elemento dominante. In fondo è ancora la legge del più forte, seppure sottilmente e abilmente celata nel contesto idealistico, spesso elitario, in cui l’essere umano è il massimo predatore di tutto quanto sia fruibile (risorse naturali, manovalanza, storia dei popoli, scienza, arte e spettacolo), con i potenti mezzi di sopraffazione: banche, religioni, imperi, manipolazioni politiche, perfino gestione del tempo.
Il Tempo lineare, quello in cui l’individuo, ponendosi in canoni astratti, concettualizza se stesso secondo il proprio grado di attenzione nel relazionarsi a ciò che lo circonda.
Se questa attenzione si esplicasse nel Tempo circolare, la percezione di sé e delle cose sarebbe completamente diversa da quella sperimentata attraverso i cinque sensi: l’occhio, che rileva la superficie delle cose, se indagasse a raggi ics, ci mostrerebbe solamente scheletri. Se avesse un cristallino potente quanto un microscopio, ci vedremmo scansioni cellulari, strutture elementari e subatomiche.
Se la coesione molecolare dell’epidermide fosse simile a quella delle materie con cui viene a contatto, non si differenzierebbe da esse: la mano affonderebbe negli oggetti entrandone a far parte.
Per il suono altre caratteristiche determinerebbero “essere suono” anziché “udire suoni”.
Per il gusto e l’olfatto potremmo nutrirci d’aria fritta, così per dire, e inebriarci di profumi subliminali.
Quindi, è soltanto nel continuum lineare che l’essere umano può materializzarsi e avere coscienza storica di sé?
E nel quantuum spazio-temporale si estinguerebbe la propria singolarità nel Tutto, senza più di-vergere, né di-vertere?
Allora anche il concetto di Utopia, polis irrealizzabile ma cara agli idealisti e ai sognatori, perderebbe il suo fascino.
E se le regole che tentiamo di darci, leggi, canoni, codici, ecc… non fossero altro che espedienti funzionali alla propagazione della specie, perché ne sia perseguito il compimento naturale e siano preservati i geni per la sua sopravvivenza, al pari del senso di orientamento dei piccioni, della aggressività dei leoni o del canto delle megattere?
Nell’ universo in espansione, nel numero incommensurabile di sistemi galattici, spariremo dalla scena del cosmo in un pulviscolo senza memoria?
WOWWWWW
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:*
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grazie a tutti i mipiace e condivisioni! 🙂
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“il valore enorme consiste nel coraggio di ribellarsi alla cecità del gregge, e continuare a perseguire conoscenza.”
Così, Cri, sì.
Non ho parole questa sera, ma ho sentito e apprezzato molto lo scritto e le parole del video.
E quel suono del mare…
Grazie, amica mia.
gb
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cara gb, grazie a te per l’attenzione e per l’apprezzamento.
un caldo abbraccio
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L’ha ribloggato su lementelettriche.
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grazie, Paola!
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Domande senza risposta, Cristina, a cui tuttavia ciascuno di noi tenta di rispondere, con la consapevolezza che ogni “soluzione” dell’enigma è una sorta di atto di fede… Personalmente credo che la nostra “esistenza” sia solo nel tempo lineare che attraversa nascita, vita, morte e che non ci sia alcuna memoria individuale in quel pulviscolo che resterà di noi, finché esisterà l’universo. Ma questo non impedisce di sognare e cercare di realizzare una trasmissione tra individui, di generazione in generazione, della nostra memoria individuale e storica… dico sognare perché oggi mi sembra che ci sia molta resistenza a fare e a recepire opera di cultura.
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non posso che essere d’accordo, cara Luciana,
ma se quel nostro sognare ci rende capaci di esprimere la bellezza che c’è, malgrado tutto, nel mondo, io vorrei che le proiezioni di ciascuno in poesia, arte, filosofia e cultura in generale, ci rendesse dormienti alla malvagità e rozzezza, e svegli e sensibili a tutto quanto è frutto di un amore, per gli esseri della terra e per le magnificenze del cielo.
grazie! 🙂
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lo vorrei anch’io e questa è la nostra Utopia… che l’umanità riesca, finché esiste, a realizzare nel modo più alto la propria presenza: un lavoro immane di consapevolezza a cui purtroppo molti non vogliono o non possono applicarsi…Ma ancora una volta credo che questo impegno, sia pure di pochi, abbia un valore enorme.
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lo credo anch’io, altrimenti nulla ci distinguerebbe dai bruti e dall’informe…
però la consapevolezza porta dolore, ci costringe a vedere la meschinità laddove pensavamo ci fosse intelligenza, ci rende in qualche maniera forti e vulnerabili insieme.
il valore enorme consiste nel coraggio di ribellarsi alla cecità del gregge, e continuare a perseguire conoscenza.
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pur con tutta la sofferenza che ci provoca una percezione chiara della realtà umana… è a quella sofferenza e alla responsabilità che ne consegue che molti cercano di sfuggire rimanendo inconsapevoli di sé, nel gregge, e quindi incapaci di vedere, rispettare e amare gli altri…
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“è a quella sofferenza e alla responsabilità che ne consegue che molti cercano di sfuggire rimanendo inconsapevoli di sé”
pienamente d’accordo!
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