confesso al tribunale degli dei minori
d’essere il muro arreso alle tempeste
che nel disintegrarsi
perde l’assetto verticale
il tempo delle feste
quando lo rivestiva il tralcio d’edera
e muschi intenerivano le pietre
mi confesso perché non altro vive
di me stesso
_ho smesso le mansioni di ricovero_
sono ad un punto morto
un muro senza pianto
senza pretese di contenimento
vivo sembrando intatto
alle quattro colonne al cui riparo
combatto la mia lotta di mattoni
ma confesso
a questo tribunale di semidei ed eroi
d’essermi opposto sempre ai venti forti
anche se adesso
per sgretolarmi fino alle radici
m’è sufficiente il soffio d’una brezza
Siamo tutti in assetto variabile
come calati nell’abisso insondabile
ché – sia in fondo che sull’onda –
nient’altro descriverebbe l’umanità.
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