ho scritto ancora e non
mi rende la certezza della fine
c’è bellezza nel sale
la cruna da cui passano cammelli
lo scuotere di sassi in un barattolo
_tossire della ghiaia dicendo impronte _
sembra un nonsense
biancore d’anni sopra rami spogli
ho detto ancora e non
saprei ridire quale fosse il senso
o ipotizzare un fuori senza un dentro
la scuola dei miracoli
permette un viso che non corrisponde
_a distanza di secoli sorprende_
essere viva
sfogliando calendari senza giorni
ho amato ancora e non
sapevo che l’avrei dimenticato
la catarsi del corpo
come si trema quando si è felici.
Nel giardino d’inverno resto sola
a contrastare l‘incombente notte
_malgrado inaspettate profezie_
verrà la morte e avrà forma di rosa
La mia sarà una rosa rosa, troppo ardire a volerla bianca. ❤️
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la mia sarà una rosa appassita, come me…
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splendida!
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grazie, Marina!
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Amara certezza la conoscenza di una vita che dura finchè il fato deciderà e ci sarà rimpianto, tutto il male ricevuto splenderà nell’armonia di una rosa, nel suo profumo: è la vita, bellezza, solo e sempre la vita. che ruba e dona che spalanca e serra ed ha un istinto furbo, magari ti prende sottobraccio mentre ammiri un tramonto, una rosellina, una torta riuscita…, o mentre inconsapevole giaci sul letto accuscinato e ugualmente punge.
Baci.
Narda
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cara Narda, è così che mi sento alla mia età, sospesa tra la bellezza che ancora la vita riserva, e la consapevolezza che sta per finire.
la vita che “magari ti prende sottobraccio mentre ammiri un tramonto, una rosellina, una torta riuscita…” e già…
intanto quel letto a volte punge, non fa dormire…
baci
cri
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grazie di esserti soffermata su quell’ultimo verso: sai che ha sorpreso anche me nel momento che si affacciava alla mente?
la bellezza di condividere il pensiero ci salva dall’estrema solitudine.
fotografai qualche anno fa quella rosa, colpita dalla sua grazia rassegnata, e così non è più morta, ma soltanto appassita.
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Forza e bellezza sovrastano qualsiasi parola! Il tuo pensiero si svela , ma il lettore non può che leggere e rimanere muto.
Mi colpisce l’ultimo verso, così pavesiano.. In Cesare la morte avrebbe avuto gli occhi dell’amata, qui la forma di una splendida rosa appassita, simbolo della caducità della vita.
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