una strada d’asfalto torrenziale
che per tenerla a bada
bisogna incatenarsi alle ringhiere
_un respiro di troppo ed è burrasca_
dolgono i polsi
celati nelle maniche di nebbia
e la corrente spiana
rilievi e insenature al mappamondo
Se mi lasciassi andare alle correnti
approderei sugli argini
d’una città nel mare dei sorpassi
_io vivo distanziata da ogni luogo_
sono lo squarcio aperto nella sera
affacciatevi pure: oltre c’è il mondo
di qua soltanto una cernieratempo
inceppata sui margini
_io vivo distanziata da ogni luogo_
sono lo squarcio aperto nella sera
affacciatevi pure: …..che meraviglia!!!
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grazie mille, Giusy! felice di vederti qui 🙂
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quella cernieratempo… la mia si inceppa sempre. fissato in un eterno flashbeck…. ma la poesia mi restituisce pause e smottamenti… la tua come la mia e quella di pochi altri… sai… le tue poesie mi danno l’impressione di farmi prendere parte alla loro stesura.. sono sempre un work in progress… le tue poesie non finiscono mai. ho letto anche quella del post precedente, ieri, come questa ieri. meraviglia, un lieto smottamento ma più un furente terremoto.
grazie della puntura di adrenalina o forse era cianuro….e adesso ti scrivo da un regno altrove
elia
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cianuro, adrenalina… quante scosse mortali per sentirsi vivi…
caro Elia, sui margini delle nostre chiusure a volte s’inceppa anche il pensiero.
ma poi avviene quell’improvviso tuffo al cuore e ci sappiamo alieni, appartenenti ad un altrove che ci spaventa ma che inesorabilmente ci attrae.
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La metropoli è il topos della non appartenenza; essa ingurgita tutto, detta la musica e il ritmo, mangia e sputa le ossicine.
Il fiume potrebbe essere la via di fuga, ma anche il fiume è avido e i suoi margini sono occupati dalla metropoli non fosse per quella cernieratempo inceppata sui margini e che consente al poeta di sostare, di creare.
Narda
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il mondo come tritatutto…
la sosta in uno spazio ch’è soltanto nostro, magari sorto dall’imperfezione della chiusura, che lascia trapelare altro, e anche un piccolo raggio luminoso ci conforta.
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“…una cernieratempo
inceppata sui margini…”
Più o meno come mi sento in questi giorni.
Soprattutto inceppata, ma decisamente sui margini. Di tutto.
Eppure, chissà perché (per via della diversa prospettiva?), mi pare da questa scomoda posizione di vedere meglio, di notare spigoli, cloache e orridi con maggior precisione.
Poi mi ritiro e sento che è sempre in me, l’unica ancora di salvezza.
Un abbraccione…
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ti capisco, Ross…
anch’io sto vivendo ai margini, e osservo quanto c’è d’immondo intorno, sento di appartenere ad altri tempi, a rivoluzioni interiori che avrebbero dovuto traghettarci verso un mondo migliore… e invece dobbiamo assistere al degrado di una società gobale che ha come Dio il denaro e suoi officianti le banche, e alla lobotizzazione dei cervelli pensanti.
ti abbraccio forte
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