un io impreciso
nella millanteria di giorni finti allegri
di tragedie soavi e di tempeste
cantastorie
di frottole e canzoni impopolari
_sarebbe meglio che
scribacchiasse ricette di cucina anziché versi!_
un cervello di soli due emisferi
concavità comprese
per inferire il nulla ed il molteplice
un io d’intermittenze irregolari
e un tutti noi che andiamo e sempre andiamo
credendoci compatti e duraturi
ponti sospesi tra un addio e un addio
un io che s’allontana da se stesso
dal lastricato delle sue parole
è una postilla a un documento vuoto
(chissà se l’ho già scritto: il dubbio c’è)
quest’io di me
va registrando stati d’insolvenza
Questo essere imperituri , grossa dabbenaggine , ci consente di scrivere versi, di dipingere , di lasciare orme e impronte. Credo che di noi restino questi “scarabocchi” , il senso che abbiamo fallito con povera mente , con povera mano.
Narda
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Chissà, Narda, che non sia il contrario: ci dedichiamo all’arte per dis_trarci dal pensiero della nostra finitudine…
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“e un tutti noi che andiamo e sempre andiamo
credendoci compatti e duraturi
ponti sospesi tra un addio e un addio”
Oh, Cri, credendoci, sì… duraturi
“(chissà se l’ho già scritto: il dubbio c’è)”
Oh sì, il dubbio c’è…
❤ Bella bella poesia "tua".
Mio commento notturno con questa musica perfetta e la deliziosa donna blu
Ti abbraccio, mia cara amica
gb
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cara gb, forse ci rifugiamo nell’arte e nella poesia proprio perché sappiamo di non essere imperituri…
grazie di aver apprezzaato anche la vignetta.
ti abbraccio
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oh sì, Cri, è così.
noi sappiamo di non essere immortali e ci rifugiamo nell’arte per lasciare nostre impronte.
e tu aggiungi con la tua sottile ironia che io apprezzo molto
“_sarebbe meglio che
scribacchiasse ricette di cucina anziché versi!_”
mi piace molto anche la vignetta, sì
gb
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