In uno spazio che chiamano casa
_le camere di carta, senza porte_
vivono ad occhi semichiusi
settemila distanze
tanto per dire un numero
separano gesti e conseguenze
le firme dei contratti
acconsentire a una sfilata d’ombre
vestite d’oltremare _il blu s’addice_
e tuttavia tra visite passaggi inchieste affitti
gitanti sconosciuti
doppiano sedie arrese all’inazione
stasi obbligata
nei libri soffocati dalla polvere
le parole supine, agonizzanti
tra lepismi e fugaci annotazioni
e tutto ciò che gli uomini hanno scritto
va scomparendo nelle zone ottuse
_nessuna datazione elementare_
nell’atonia totale
il discreto morire sui divani
terapie digitali
alle formiche i resti dello zucchero
lo zampettare sulle tazze d’erba
alle cinque di sera _o de la tarde_
riti anglosassoni
pâtisserie française
e tavolini a un finto boulevard
dal corridoio si passa in fila indiana
alla periferia del letto
s’incontra il mimo delle pantomime
ride e confonde vongole con fragole
il posto delle regole: un gran film
proiettato sui muri delle camere
_c’è comunque il registro delle uscite_
a porte chiuse
si processano pazzi e sognatori
si riduce la vita a un pot-pourri
Pervasa da amara ironia, la poesia, è scoprirci tutti alla meta; nel pot-pourri c’è un mondo che avresti saputo rendere bello, mentre ora si orienta su maldestri percorsi, si sfrangia nel mare per un blu oltremare rubato. Ormai non duole più niente, si resta inebetiti, meri cantori del mistificato.
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cara Narda, stiamo a guardare, non come le stelle del famoso romanzo, ma come fili d’erba, consapevoli della propria esile, effimera appartenenza allo stesso prato, che piova o sia sereno, che ci abbiano sorriso o calpestato …
e, se diciamo, sappiamo anche l’effimero delle nostre parole.
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“terapie digitali
alle formiche i resti dello zucchero
lo zampettare sulle tazze d’erba
alle cinque di sera _o de la tarde_
riti anglosassoni
pâtisserie française
e tavolini a un finto boulevard
dal corridoio si passa in fila indiana”
Questa parte è pura ironia, che adoro (dopo la tua ormai celebre autoironia). Vi è, condensato, tutto l’effimero della vita, che in realtà è quello che la gente preferisce. :-))
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Non resta altro, cara Elis, che osservare, e osservarsi, con benevola consapevolezza, con uno sguardo un po’ distaccato e cogliere gli aspetti paradossali della realtà…. 🙂
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Mentre ci facciamo terapie digitali dico che… vestirsi d’oltremare non è per tutti: bisogna avere una classe innata, ricordatelo!
❤
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soprattutto bisogna essersi inabissati e poi risaliti in superficie…
grazie ❤
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❤
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Complimenti, un soffio di vigorosa malinconia, non oso “ribloggarlo “altrimenti diranno che sono invecchiato! (essere incompresi,é una gradevole sensazione) saluti!
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io, sono, invecchiata!e non mi dispiace.
vivo questa età con grande interesse e sorpresa di quanto ci si possa sentire vivi!
grazie
saluti
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Intendo scrivere qualche parola su Rilke, é stata lei a darmi lo spunto, un po’ con le sue poesie, anche se lei NON é certamente una “poeta maledetta”, saluti
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