nella finzioneterapia
belletto sulle pagine
_leggiamo il male sulle guance rosa_
il ritocco dei versi in photoshop
formare una pozzanghera
intrappolati nelle solfe
ci si rimanda alle calende greche
estratti a morte
“a comme ven ven” _Napoli docet_
Ogni momento è statico
testimonianza dell’effimero
cianometafore
le dipingo col blu di metilene
_il blu dell’anima_
il mio cervello è un mare
vi nuotano pensieri
girovagando da una tempia all’altra
ce la mettiamo tutta, per r-esistere, cara Paola.
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Sembra una sciocchezza, cara Cristina, invece mi stavo mentendo e non mi ero neanche accorta.
Mi stavo addolcendo la pillola venefica da sola, mi arrabattavo.
Segno inequivocabile che l’esistenza mi ignora, è quella che è, ma io sono troppo umana.
Metto le toppe alla mia sensibilità come posso.
❤
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infatti, Paola.
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Quindi gli impostori siamo noi? Sempre?
L’artificio ci serve per andare avanti proprio perché è nuda e cruda.
Ci si aiuta come si può.
Non per prendersi in giro, ma per sopravvivere…
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Scrivere “estratti a morte” – come viene, viene, a caso – è smascherare l’impostura dell’esistenza.
❤
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non dell’esistenza, cara Paola, che è vera, nuda e cruda così com’è… ma dell’ “artificio” con il quale la edulcoriamo.
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