sporgersi da finestre
sogni di carta in veste di aquiloni
in attesa d’un vento di ritorno
speranzosi d’illogico volare
selfie di facce lisce come bambole
icone senza età
ma infondere un colore alle propaggini
non mette primavera alle radici
né configura nuove chiome agli alberi
quando le stecche rotte
malgrado nastri e fiocchi
fanno precipitare
sgualcite inconsistenze di velina
resta la parte incognita a tentare
il volo oltre lo squarcio della carta
ma il cielo è una metafora
un miraggio d’azzurro
che sembra unire il buio dell’infinito
al buio del mondo
e c’è chi scambia quei “selfie di facce lisce” per realtà.
A volte pare ci sia un vero e proprio desiderio di lasciarsi ingannare dalla banalità di finzioni talmente evidenti da essere imbarazzanti.
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in contrapposizione, forse, alla realtà che spaventa (come nelle foto di Witkin), incapaci di accogliere la vera natura delle cose e la sua variabile bellezza.
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sì, la realtà spaventa, ma fuori dalla realtà non esistiamo e questo spaventa ancora di più.
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ci vuole coraggio a viversi nella propria orrida bellezza
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ieri ho scritto una cosa, che non so ancora se pubblicherò, che prova a parlare proprio di questo… ma ne sono troppo coinvolta.
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mi piacerebbe leggerla
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Cristina cara, credo che non meriti, anche perché dietro c’è una storia… Se riesco a prendere le distanze, forse scriverò una cosa condivisibile.
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spero che tu lo faccia.
mi hai incuriosita.
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