L’io pavone dalle mille code
si riflette nei colori sacri, si compiace
di quanto appare ai cieli
scrive di piume e leggerezze varie
la corona vezzosa sulla testa
dipinge lune e soli per distogliere
l’anima pavoncella grigia
dallo scoprire l’alter ego oscuro
dal rammentare le vittorie pirriche
sui campi di battaglia giornalieri
dove tra sangue e piume
i demoni perirono con gli angeli
l’io che camuffa il grido
gabbandosi da solo _in fondo è un canto_
ma l’anima lo sa
ciò che si annida al buio:
che non esiste sogno o arcobaleno
a ricoprire di bellezza il male
chissà
se a chi ha il coraggio di guardare in faccia
il sé delle miserie e della polvere
sarà svelato il mondo e le sue tenebre
il segreto dell’ombra e della luce
Non saprei cos’altro fare.
Il loricato c’è e gli specchi anche.
A volte sono persino deformanti, ma va bene comunque.
Dopo tutto mi accontento da quando ho memoria di me.
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L’io pavone dovrebbe rammentare _ e rammendare _ più vittorie pirriche.
O anche solo tentare. Sarebbe già un bel tentativo di specchiarsi nelle consapevolezze…
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loricati e specchi ci obbligano a conoscerci senza sconti, e a combattere prima di tutto le nostre vanità…
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mi complimento per la splendida veste data a questi versi di profondo contenuto. Passerò volentieri a rileggerti. Buon fine settimana
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grazie e benvenuta, Daniela.
ricambierò la visita.
buon fine settimana anche a te
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