nei prati di lanterne
disseminate tra gli archi di pietra
o per abissi-mare
nottiluche in contrasto permanente
e tu rubi la stella che pensai
fissa nel cielo o infissa nel soffitto
spostandomi di fianco nella stanza
_mi fingevo parete ad acquerello
morta e risorta ad ogni pennellata_
non eri un tu
nemmeno un noi per sbaglio
s’era di sera a tingere finestre
perché l’inganno c’insegnasse il buio
o perlomeno un timido chiarore
quale varco per fughe temporali
_anime allo sbaraglio, ammutolite
scritte e disdette mille e mille volte _
mille che sa d’eterno: una non cifra
che s’espande e s’adatta
all’universo dei concetti astratti
_numero che non termina nei versi
ma s’immortala in infiniti zeri
❤
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❤
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Contieni moltitudini e ne fai poesia
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Sei un’Autrice , gentile Cristina, che non scrive “io”, ma il tuo dire è un “noi”.
Mi sorprendo a leggere e rileggere versi come :
“s’era di sera a tingere finestre
perché l’inganno c’insegnasse il buio”
🙂
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grazie, Mariaserena, scrivo “noi” perché si appartiene tutti allo stesso mistero.
e sono felice di questa comune ispirazione.
🙂
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