È nello spazio di una casa
che fioriscono gigli sulla fronte
alla follia che mi disarma chiedo
sei tu che mi perdoni
_ che mi dispensi da condanne
malgrado i testimoni?_
le luci basse fanno gioco al cuore
distanziano le lapidi. Sorridere per poco
fa sì che sulla bocca sia dipinta
un’allegria leggera
una forma benigna di pudore
_ci si assenta dai fatti, si bivacca_
negli sfregi degli occhi lui ha smarrito
il bene addolorato dell’assenza
lui sottratto a se stesso dagli eventi
_in quel suo sguardo filiforme
domande di controllo, ora impossibile_
non chiedo le attenuanti
sto dilavando cicatrici e tracce
sono un muro di strada senza uscita
ai lati tra lo scorrere di frane
graffiti come cere
in via di scioglimento
Bellissimo testo, Cristina, di grandissimo spessore. Una delle poche cose che la sofferenza regala credo che sia l’opportunità che dà, a chi ne è capace, e tu lo sei, di scrivere cose eccellenti.
Quanta forza hai, e quanta sensibilità.
Un abbraccio.
Piera
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grazie, Piera, della visita e del bel commento.
abbraccio ricambiato
cri
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