Magari a segni mimerò
questa che può sembrare poesia
ma non lo è
ci vuole un nuovo tipo di scrittura
su fogli trasparenti e pagine disposte in altro modo
frasi di sole spaziature
perché la lingua è un limite per l’anima
e la polisemia un falso pieno
scrivere sguardi
il trasporto dei gesti
il movimento appena percettibile
che mette un punto al centro anziché a fine
un punto che riassume oltre lo stacco
le infinite sospese interpunzioni
il pensiero diacritico
magari scrivo versi in onde elettriche
traccio diagrammi e scie
nessuno a definirle poesie: bastante il cielo
a coglierne il non detto e il non firmato
poi forse quell’immenso che non so
m’insegnerà la lingua siderale
e basterà spogliarmi d’ogni frase
per dire esisto _senza un alfabeto_
❤
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❤
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la “barriera del suono”… quante volte a tua misura e cura, l’hai già superata Cristina? Il boato nella lettura noi lo abbiamo percepito, amato, eppure l’inquietudine, la bramosia di soglie di significato ulteriori non smette di lacerarti
“poi forse quell’immenso che non so
m’insegnerà la lingua siderale
e basterà spogliarmi d’ogni frase
per dire esisto _senza un alfabeto_”
è un testo bellissimo che rivela il brulicare continuo di una ricerca mai sufficientemente appagata, da grande esploratrice, quale sei…
Doris
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esattamente “quella” barriera!
ma penso che capiti a chiunque viaggi nella propria interiorità, cercare nell’infinità dei segni intorno, sempre ulteriore senso
viviamo già così misteriosi a noi stessi, che anche un solo minuscolo puntoluce, ci apre uno spiraglio.
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mamma mia! che sei stata capace di scrivere! Divinamente mortale! “magari scrivo versi in onde elettriche
traccio diagrammi e scie” si, lo fanno_ in molti. Li ho veduti seduti al bar, e prepararsi per la caccia il giorno prima della battuta. Lo fanno le volpi e i funghi quando canta il vespro o all’alba i pretini(che non sanno che dio è meno di un profeta) ma la poesia è così. E lo fanno i sassi aspri e le cavalle che partoriscono e non sono meno di mia madre perduta in un afllato di richiami alla terra.
e per loro è il nostro dovere di parola
e di silenzio.
Elia
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e come vedi, malgrado tutto, ho scritto.
paradosso e antinomia ci affrancano dal tacere, ci permettono di consegnarci muti alla parola… che poi sia poesia non è sicuro: lo è quel fiore che resiste al vento nel suo vaso di coccio…
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e per questa condivisione a volte basta, appunto, un tacito sentirsi in sintonia, un segno del cuore.
grazie
cri
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La lingua è un limite ma non dimentichiamo che questa orribile civiltà è fondata sulla parola; la parola tramanda e tradisce, è gonfia ma anche sterile; in lei c’è un residuo di verità; negli spazi vuoti c’è il vuoto o meglio gli inganni delle morgane.
Facciamo un po’ di silenzio e recuperiamo l’affratellamento della parola. condivisa.
Narda
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…La lingua è un limite per l’anima…
Cristina_ è stupenda 🙂
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ma ci accontentiamo… visto che la telepatia non funziona ancora come vorremmo. 🙂
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La lingua è un limite, è un limite anche il segno e il suono; ma sono gli unici mezzi che abbiamo per comunicare con persone con cui non facciamo l’amore (o la guerra, ma questo bellico è discorso che non mi interessa per niente).
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(o la guerra, ma questo bellico è un* discorso che non mi interessa per niente)
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è vero, sono gli unici mezzi che abbiamo per comunicare, e il fatto che li usiamo ci fa capire quanto abbiamo bisogno di sentirci partecipi.
per lenire la nostra inquieta solitudine
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Ho bisogno di riflettere e di ritornare sulle tue parole.
Intanto grazie. Solo grazie, ma sappilo immenso.
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le tue riflessioni saranno preziose.
ti ringrazio a mia volta.
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L’aleph Borgesiano è in te! 🙂 🙂 Nel linguaggio di Borges, l’Aleph è considerato il punto di inizio verso cui tutte le cose fanno ritorno e a cui tutte le cose tendono.
(ripeto il commento perhé ne mancava una parte) 😦
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una volta di più mi si conferma l’universalità del pensiero…
la comune appartenenza alle stelle.
grazie, Elisabetta! 🙂
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L’aleph Borgesiano è in te! 🙂 🙂
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